Una rissa originata – pare – da futili motivi fra richiedenti asilo pachistani e afgani, alla caserma Cavarzerani di Udine. Il Messaggero Veneto ne dà correttamente notizia, ma sul sito del giornale (e sui social) si scatena il putiferio: inqualificabili e inaccettabili commenti razzisti, col tono di chi si sente tradito da chi ha accolto a casa sua, con la voglia mai sopita di cacciare gli intrusi. E poi l’intervento di Walter Citti, garante regionale per le persone soggette a rischi di discriminazione, che condanna i commenti, ma parla anche di necessario miglioramento della politica dell’accoglienza. E infine il solito teatrino della politica: i consiglieri regionali di centrodestra che insorgono (come si permette questo signore, che noi abbiamo messo lì, di dirci che cosa dobbiamo fare e non fare…?), quelli di centrosinistra che ne difendono l’operato.
Ma vediamo cosa ha scritto Citti. Il garante ha espresso «forte condanna per le ricorrenti manifestazioni di odio e intolleranza razziale espresse da taluni lettori attraverso il forum del giornale locale, quando vengono pubblicati articoli su fatti di cronaca che riguardano migranti, rifugiati o minoranze quali Rom e Sinti». E ha invitato a monitorare i commenti dei lettori, ma soprattutto ha aggiunto che è necessario migliorare sotto il profilo della gestione dell’accoglienza.
In consiglio regionale Forza Italia ne chiede le dimissioni. «Citti – tuona il capogruppo Riccardi – non può permettersi uscite politiche e neppure di invocare censure sui commenti, che rispettano la legge, dei cittadini sui servizi di cronaca nei social network».
Di tutt’altro avviso Codega del Pd: «È corretto che Citti segnali e stigmatizzi espressioni razziste apparse sui social network. Il suo compito è infatti quello di evidenziare comportamenti scorretti che alimentano l’odio di stampo razzista».
Secondo l’assessore Torrenti «è di gestione potenzialmente critica l’utilizzo di grandi caserme – invocato ripetutamente dal centrodestra – come la Cavarzerani, allestita per ospitare 250 ospiti ma in grado, in condizioni di emergenza, di aumentare di molto il numero di persone accolte».
Il garante aveva ricordato che “la libertà di espressione trova il giusto limite del rispetto della dignità delle persone e, dunque, viene a cessare quando travalica nella diffamazione, nell’istigazione alla discriminazione, incitamento o diffusione dell’odio razziale, nazionale o religioso”.
E quando una notizia, sul sito di un giornale, è aperta ai commenti? Citti raccomanda di adottare al riguardo alcune buone pratiche, già in uso a livello europeo e internazionale, per cercare almeno di prevenire e contenere l’utilizzo dei forum dei commenti dei lettori per la diffusione di messaggi inneggianti all’odio e alla discriminazione. Come “la previsione di una registrazione preliminare alla partecipazione al forum dei commenti; l’indicazione sul portale web di una nota di avvertimento che la pubblicazione di post che diffondano idee fondate sulla superiorità e sull’odio razziale o etnico, ovvero incitino alla discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi può essere perseguita penalmente ai sensi della legislazione vigente (legge n. 205/1993); un monitoraggio puntuale e tempestivo sui commenti pubblicati dai lettori, anche attraverso l’applicazione di appositi dispositivi software in grado di individuare, filtrare e bloccare automaticamente messaggi contenenti espressioni violente, ovvero a bloccare l’accesso a utilizzatori che abitualmente violano tali regole».
Poi la botta alla politica. «Non si può inoltre ignorare – dice Citti – che situazioni di tensione e precarietà come quelle che si sono verificate alla caserma Cavarzerani, o in altri capoluoghi della regione, sono anche dovute all’insoddisfacente governance a livello nazionale del sistema di accoglienza dei richiedenti protezione internazionale, nonostante gli sforzi e l’impegno profuso a livello locale e regionale».
Ancora: «La diffusa ostilità all’accoglienza dei richiedenti asilo, ove ansie sociali vengono spesso strumentalizzate a fini di facile consenso politico, determinano ritardi e difficoltà nel reperimento di strutture adatte e adeguate alle necessità, e mettono in crisi un equo sistema distributivo della presenze a livello nazionale, di cui fanno scapito le regioni di frontiera più esposte, tra cui il Fvg, che attualmente vede una presenza di richiedenti asilo pari al 3,8 per mille abitanti, sensibilmente superiore alla media nazionale del 2,2 per mille».
Parole di buon senso, insomma. Per dare il proprio contributo, in una terra come il Friuli Venezia Giulia da sempre aperta all’accoglienza ma ormai soggetta anche a pulsioni razziste e xenofobe, alla gestione di un’emergenza che riguarda le istituzioni, la politica e i mass media.
Già, i giornali. Da quando la rivoluzione digitale ha (giustamente) aperto i siti web ai contributi dei lettori, rischiano di essere inconsapevoli strumenti per la diffusione di insulti, commenti razzisti, frasi violente, espressioni di odio e discriminazione. Ma il sito di un giornale non può diventare una cassetta delle lettere, uno sfogatoio aperto al peggio del peggio. Per questo è necessario lavoro in più per i giornalisti che devono leggere, valutare, eventualmente bloccare. E non si tratterebbe ovviamente di censura.
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