Il primo elemento da prendere in considerazione è l’incostituzionalità della legge elettorale con cui il Parlamento attuale si è insediato, più volte sottolineato da emeriti giuristi, tale da bastare da solo a qualificare la riforma come illegittima. E non è servito evidenziare tutti i restanti punti critici: il mutamento della forma di governo; la complicazione della funzione legislativa; un Senato di nominati che riconoscerà immunità ai consiglieri regionali, la classe politica a dir poco più corrotta; la centralizzazione anche nelle materie caratterizzanti la legislazione degli istituti regionali con possibili aumenti di conflitti di attribuzione; il residuale risparmio ottenuto, vista la permanenza delle corpose strutture burocratiche a supporto delle due Camere; il mancato superamento del bicameralismo, visto che il Senato conserverà funzioni in tema di politica europea, materia costituzionale e locale, leggi elettorali. E questi sono solo alcuni nodi, quelli più evidenti.
I cittadini italiani devono invece prendere atto che la revisione costituzionale voluta dal Governo Renzi, che prende il nome della Ministra Boschi e che è sostenuta dall’ex Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, non prevede nulla di buono ma comporterà un chiaro stallo istituzionale. Si badi bene, anche nell’eventualità che ci fosse un mutamento nella classe dirigente del paese potrebbe accadere un inaccettabile immobilismo legislativo con il conseguente ricorso alla decretazione emergenziale. Ciò che dovrebbe far riflettere è la scarsa garanzia nell’ambito di alcuni procedimenti, quali l’elezione del Presidente della Repubblica, dei membri della Corte Costituzionale e del CSM, personalità e organi istituzionali che sinora hanno sempre operato per il bene della collettività rappresentando la figura al di sopra delle parti e sempre pronti a cassare distorsioni illegittime. Una riforma che tenta di smembrare l’assetto bilanciato dell’organizzazione del nostro Stato è giustamente definita schiforma. A peggiorare la situazione esistente sono state le successive dichiarazioni politiche collegate allo spirito della riforma ovvero la possibilità che essa sia in grado di cambiare in chiave positiva l’andamento del pil, risolvere il problema della disoccupazione e, infine, porre una barriera giuridica agli atti terroristici. Un ovvio ossimoro collegare la sicurezza della Nazione con la revisione della Costituzione.
E’ vero che una buona dialettica è sempre convincente per il cittadino medio ma non tutti sono a digiuno di semantica. Altro elemento di ridondanza è poi rappresentato dalla costituzione dei comitati per il sì, uno sperpero di denaro pubblico eccezionale per incentivare i cittadini a votare questa pessima modifica della Costituzione. E tra il banchiere Alessandro Profumo, Benigni, Jovanotti, Susanna Tamaro, il cantante neo melodico D’alessio – favorevoli alla riforma – e Lorenza Carlassare, Alessandro Pace, Paolo Caretti, Gustavo Zagrebelsly, Gianmaria Flick, Guido Neppi Modona, Donatella Loprieno etc, i cittadini dovrebbero esprimere no solo per una tacita fiducia nei 56 appartenenti al mondo del costituzionalismo italiano. Tra giovani giuristi o personaggi dello spettacolo e dei costituzionalisti coerenti voi chi scegliereste? Io certamente i secondi; mi fido delle persone di esperienza perché in genere esigono continuità dello stato di diritto per le nuove generazioni e poi si sa, le leggi fatte in fretta nascondono sempre qualche brutta sorpresa. Votare No alla riforma costituzionale sarà un grande atto di resistenza collettiva perché non bisogna aver paura dell’eventuale caduta del governo, tutto sommato l’Italia, anche quando i governi cambiavano ogni sei mesi, ha sempre saputo risalire la china grazie al supporto e all’orientamento democratico ed egualitario inscritto nella Carta costituzionale.
Il degrado della democrazia tra trattati europei e riforma costituzionale. https://youtu.be/qwHQySwp8M8