La notte tra il 2 e il 3 marzo di due anni fa Riccardo Magherini, 39enne toscano con una storia di sportivo alle spalle, andava in arresto cardiaco e moriva in un vicolo di Firenze dopo essere stato malmenato da quattro carabinieri, o ‘contenuto’ come hanno sempre sostenuto dal primo istante i militari che lo avevano fermato perché era in “un pericoloso stato confusionale”. Oggi tre di loro, un quarto è stato assolto per non aver commesso il fatto, sono stati condannati a 7 mesi di reclusione per omicidio colposo nel processo di primo grado per il decesso dell’ex calciatore.
Il giudice ha poi assolto, con formula piena per non aver commesso il fatto, le due volontarie della Croce Rossa Italiana arrivate sul posto dopo la richiesta di un’ambulanza da parte degli stessi esponenti dell’Arma.
La morte di Riccardo Magherini avvenne durante un fermo in Borgo San Frediano nel capoluogo toscano. Il trentanovenne fu spinto a terra e immobilizzato sul selciato con forza, al punto di impedirgli di respirare.
Con questa sentenza viene lanciato un importante messaggio alle forze dell’ordine che, come ha evidenziato Fabio Anselmo, avvocato della famiglia Magherini, “devono capire che questi tipi di comportamenti non possono essere tenuti”: una persona fermata in crisi respiratoria deve essere messa subito in condizioni di poter prendere fiato.
Il dispositivo emesso dal giudice Barbara Bilosi, letto in un’aula gremita dagli amici di Riccardo (molti con la maglietta gialla con la scritta “Siamo tutti Ricky”) e di volontari della Croce Rossa a sostegno delle due operatrici imputate, è stato accolto con soddisfazione dai familiari di Magherini. Anche se il commento a freddo di Andrea, il fratello minore, evidenziava che la sentenza del tribunale di Firenze rendeva solo in parte giustizia.
“Rimane una ferita aperta” è stata la sua prima dichiarazione “quella che per dare una degna sepoltura a Riccardo siano dovuti passare 7 mesi dalla sua morte”.
E’ finito invece un incubo per le due volontarie coinvolte nel processo che ai giornalisti presenti in aula hanno raccontato che erano certe “la giustizia avrebbe fatto il suo corso in modo equilibrato” accertando la loro estraneità ai fatti.
Le operatrici della Croce Rossa, che avevano tentato di rianimare senza successo l’ex calciatore esanime, hanno anche rivolto un pensiero alla famiglia Magherini, sottolineando che “nessuna sentenza potrà mai rendere loro Riccardo”.
Questa sentenza di assoluzione è importante quanto la condanna dei tre carabinieri perché restituisce al volontariato la spinta per continuare a svolgere il proprio compito così come è stato fatto fino ad oggi, ma senza paura.
Ancora oggi infatti non si riescono a trovare le motivazioni per le quali dei volontari che regalano il loro tempo per gli altri, pur rispettando tutte le norme e i protocolli, si siano ritrovati sul banco degli imputati.
Come restano incomprensibili i tentativi di delegittimare la richiesta di verità, sostenuta con determinazione da Guido e Andrea Magherini all’indomani della morte del loro caro.
“La loro azione non era affatto pretestuosa – ha dichiarato al riguardo dopo la lettura della sentenza il senatore Luigi Manconi, presidente della Commisione Diritti Umani – Dunque, non abbiamo sbagliato a sostenere questa battaglia per la giustizia”.
Come ha ricordato lo stesso Manconi, la vicenda Magherini presentava lati oscuri e rivelava comportamenti illegali da parte dei carabinieri coinvolti.
Ora si dovranno valutare con attenzione le motivazioni del giudizio, ma intanto si può dire che quando un cittadino trova la morte durante un’azione di uomini e apparati di polizia, le responsabilità vanno accertate col massimo rigore: è in gioco la stessa credibilità dello stato di diritto e del sistema delle garanzie.
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