Era autonomo professionalmente, Alessandro Bozzo, di questo atteggiamento si lamentava il suo editore, Pietro Citrigno. Per questo chiedeva spesso il suo licenziamento. Al politico della testata “Calabria Ora”, non seguiva le direttive di chi lo pagava, per questo era stato rimosso e trasferito alla cronaca, ma anche lì dava fastidio, perché raccontava i fatti, come chiede il codice deontologico, anzi li cercava, da vero cronista. Quindi non andava bene per gli interessi politici e i rapporti che l’editore Citrigno intratteneva con le lobby locali calabresi. Secondo la testimonianza del giornalista Francesco Graziadio, ripresa dal Pubblico Ministero in aula, “Citrigno diceva sempre che Bozzo ragionava troppo con la sua testa e che non aveva capito come funzionava il sistema”. Alessandro dopo forti pressioni è stato costretto a dimettersi ed accettare un contratto a tempo determinato. Costretto perché meglio di niente, in una regione dove la crisi del settore, grazie ai soliti editori che fondano giornali senza un serio piano industriale, ma solo per condizionare i cosiddetti poteri forti locali (politici e non) per altri interessi più cospicui, è enorme. E Alessandro pensava anche alla sua famiglia, alla sua bambina, al mutuo da pagare, responsabilità, preoccupazioni che non è riuscito più a reggere ed ha deciso di chiudere con un colpo di pistola il 15 marzo del 2013.
“Quella fu violenza privata feroce”, ha detto il sostituto procuratore Maria Francesca Cerchiara, durante l’intervento finale all’ultima udienza del processo che vede imputato per violenza privata lo stesso Pietro Citrigno. Da qui la richiesta di 4 anni di reclusione e anche la trasmissione degli atti alla Procura per nuovi supplementi di indagine, in quanto durante tutto il dibattimento sono emersi “elementi nuovi e ipotesi di reato di estorsione, tentata estorsione e violenza privata” nei confronti sia di Bozzo che di altri giornalisti della stessa testata: Antonella Garofalo, Pietro Comito, Francesco Pirillo e Antonio Murzio.
Le parti civili oltre ad approvare la requisitoria del Pm hanno aggiunto che dal dibattimento è emerso chiaramente che Citrigno gestiva tutto il giornale; neanche i direttori sono mai riusciti a ridimensionarlo. Tranne Paolo Pollichieni che decise dopo poco tempo di dimettersi. Inoltre sempre le parti civili hanno evidenziato che “se Bozzo aveva problemi di rapporti familiari, questi sono stati semmai causati ed acuiti da quelli lavorativi”.
Per la difesa quelle della Procura sono solo suggestioni, dettate da un diario personale, che servono a mettere solo in cattiva luce il proprio assistito. La firma di quel contratto, secondo l’avvocato Raffaele Brescia, era motivata dalla crisi aziendale. Il dibattimento riprenderà il 14 settembre con le ultime arringhe degli avvocati della difesa e parti civili ed eventuali repliche del Pubblico Ministero. Al termine il Tribunale si riunirà in camera di consiglio per la sentenza.