Lo dobbiamo a Padre Jacques e alle altre vittime del terrorismo, per questo abbiamo deciso di non pubblicare più le foto degli assassini, per evitare di dare spazio al loro narcisismo postumo..”, questa la scelta annunciata dal direttore del quotidiano Le Monde, Jerome Fenoglio, nel suo editoriale del 27 luglio. Il suo annuncio è stato subito raccolto dal quotidiano cattolico La Croix, e da diverse emittenti: da France 24 a Radio Europe 1 siano a BFM TV. Non sono mancati i dissensi di chi la ritiene una scelta sbagliata, potenzialmente auto censoria e persino “Assolutoria” nei confronti del terrorismo di matrice islamica.
Un invito alla riflessione, sul delicato rapporto tra informazione e modalità di rappresentazione del terrorismo, è arrivato anche dal Presidente Mattarella che, dopo aver ricordato l’inviolabilità della libertà di informazione, ha chiesto, con il garbo e la sensibilità di sempre, una autonoma riflessione anche ai media italiani. “Pubblicare o non pubblicare i proclami dei brigatisti?”, attorno a questo interrogativo si sviluppò in Italia un difficile dibattito che attraversò tute le redazioni italiane, al termine del quale molte testate decisero di “silenziare”, altri scelsero la strada della pubblicazione, ma tutti furono costretti ad interrogarsi e a interrogare la pubblica opinione.
Oggi il contesto politico, sociale, mediatico é molto diverso da allora. Chi sceglie di non dare le foto dei terroristi o di non dare spazio ai loro video, sa benissimo che altri faranno una scelta opposta e che la realtà della rete supera ogni schema del passato. Eppure non ci sembra sbagliato riflettere sui ” Gesti” che il mondo della comunicazione può compiere.
La scelta del direttore de Le Monde non va archiviata. Il dibattito che si é aperto, anche in Italia, va accompagnato e stimolato. Anche il direttore di Repubblica, Mario Calabresi, ha deciso di oscurare le immagini dei terroristi.
Non si tratta di percorrere impossibili strade censorie o autocensorie, ma di far maturare ” Gesti” che nascano dalla libera e consapevole scelta delle direzioni e delle redazioni.
La mancata pubblicazione delle foto degli assassini non risolverà certo le ansie e le paure generate dal terrorismo,ma almeno non alimenterà ” L’egolatria” di chi ammazza anche per esistere mediaticamente, per dare un senso ad esistenze svuotate di significati e di speranze. Alcuni di loro non ammazzano in nome di Allah, che anzi bestemmiano ogni giorno, ma in nome dell’audience che ha ormai assunto le sembianze di una moderna divinità pagana.
Negare loro il diritto all’immagine e alla amplificazione, non significa eliminare il diritto di cronaca, al contrario ci sarà più tempo e più spazio per approfondire il contesto e le ragioni che armano la testa, il cuore, le mani degli assassini ” No hate speech” é il titolo di una originale ed efficace campagna promossa dalla associazione ” Carta di Roma” ( che raggruppa le principali organizzazioni dei giornalisti italiani), che si propone di contrastare il linguaggio della violenza, del terrore, l’assenza di rigore nel linguaggio, l’uso di termini spregiativi nei confronti di chi ha un diverso colore della pelle o prega un altro Dio.
Una campagna che ha trovato la solidarietà e l’impegno anche dei frati francescani di Assisi, della rivista San Francesco, della Federazione della stampa, dell’Ordine dei giornalisti, del sindacato dei giornalisti Rai, di Articolo21, di tante altre associazioni del mondo del volontariato. Questa campagna non va lasciata cadere, può diventare la base per aprire, in Italia e non solo, una grande e civile discussione sulle questioni poste, tra gli altri, dal direttore di Le Monde e dal Presidente Mattarella.
Da parte nostra l’impegno a promuovere ad Assisi, anche in occasione della prossima marcia della pace, fissata per il prossimo 9 ottobre, una riflessione aperta a chiunque, anche nel mondo della informazione, abbia la disponibilità a contrastare odio e indifferenza, passando dalle parole della comunicazione ai ” Gesti comunicativi”