Bisogna ripeterlo all’infinito, in ogni sede: le istituzioni e le autorità abbandonano migranti e profughi al loro calvario, quando attraversano il mare verso l’Italia. Stamattina 622 migranti sono stati sbarcati al porto di Vibo Valentia, ma ben 15 giovani e un bambino hanno perso la vita in modo atroce, bruciati dal carburante e asfissiati lentamente nel vano motore. Cosa sarebbe servito, per salvarli? Che un’imbarcazione addetta al monitoraggio e al salvataggio (o anche un elicottero) si fosse avvicinata al barcone e avesse chiesto ai migranti: “Tutto bene?”. “No,” avrebbero risposto, “abbiamo delle persone nel vano motore che non respirano”. Semplice no? Le autorità preposte al salvataggio di urgenza avrebbero tratto in salvo i migranti in difficoltà e assistito gli altri.
Giunti a terra, la polizia ha arrestato due presunti “scafisti”. E anche in questo caso, si è proseguito con il solito gioco degli equivoci. Tutti sanno che i trafficanti restano a terra, non corrono rischi e di certo non si mettono nelle mani delle autorità. Poco prima della partenza delle imbarcazioni, afffidano a due sfortunati migranti, che magari non sono riusciti a pagare il prezzo della traversata – non completamente – il ruolo di “scafisti”, indicando loro sommariamente come fare a raggiungere le agognate coste. Regolarmente, però, le forse di sicurezza arrestano questi veri e propri schiavi delle mafie internazionali e i magistrati, altrettanto puntualmente, li condannano.