Addio “ai salotti buoni” e “ai salottini” della borghesia-bene per decenni alla guida del ‘Corriere della Sera’. È finita l’era dei cosiddetti “poteri forti” dell’economia italiana sul ponte di comando, con grandi pretese e con pochi capitali, del più grande e prestigioso giornale italiano. Progetti, soldi, alleanze, carte bollate. L’impensabile è accaduto. Dopo cinque mesi di cruente battaglie Urbano Cairo, 59 anni, editore piemontese, ha conquistato il ‘Corriere della Sera’, il più grande giornale italiano. Ha “scalato” la Rcs (Rizzoli Corriere della Sera) conquistando oltre il 50% delle azioni. Diego Della Valle, Andrea Bonomi, Mediobanca, UnipolSai, Pirelli, la cordata concorrente, si è fermata al 37,7% delle azioni. I nomi tra i più blasonati dell’imprenditoria nazionale, già presenti in parte nel gruppo editoriale milanese, sono stati sconfitti dall’’homo novus’ Urbano Cairo, un personaggio prima quasi sconosciuto al grande pubblico e adesso un nome noto in grande ascesa.
Il ‘Corsera’ è una perla sciupata della malmessa Rcs, il gruppo editoriale milanese un tempo potente e florido. Il giornale, un po’ per scelte aziendali sbagliate e un po’ per la crisi economica, ha visto (come gli altri grandi quotidiani) un crollo delle vendite, della pubblicità e dell’occupazione giornalistica. La grave emorragia delle copie vendute solo in piccola parte è stata compensata dal successo della versione online del quotidiano.
Tutto il gruppo è andato in picchiata: giornali, riviste, libri (quest’ultimo settore è stato venduto alla Mondadori di Silvio Berlusconi). Solo l’informazione sul web è andata bene. La Rcs ha perso 1,3 miliardi di euro negli ultimi 5 anni.
Gli occhi ora sono puntati sui piani di rilancio del gruppo da parte della “proprietà”, come si diceva una volta tra i giornalisti. Cairo si è limitato ad annunciare in un comunicato stampa: assumerà la guida della Rcs «per vincere la vera partita» e rilanciare «una grande azienda dal potenziale inespresso». Poi, al ‘Foglio’, ha detto qualcosa in più su cosa ha in mente per il giornale e per il gruppo editoriale. Ha delineato una specie di piano a doppia marcia. Massima prudenza per la testata: «Meno ci si accorge che io sia arrivato e meglio è! Il Corriere deve continuare a muoversi secondo un suo registro». Aggressività di movimento per la Rcs: «Lì bisogna intervenire. Con più ricchezza editoriale. Con nuovi prodotti. E non escluderei anche con nuovi giornali».
Cairo è un editore puro, al contrario degli avversari sconfitti. Ha alle spalle diverse esperienze: 1) è proprietario de La7, acquistata da Telecom sull’orlo del fallimento, e ora divenuta una rete televisiva concorrenziale con un tg scoppiettante; 2) possiede diversi periodici minori popolari e di costume che “tirano”; 3) è il presidente, sul modello dei grandi imprenditori italiani di una volta, di una società di calcio, il Torino. All’orizzonte si intravedono sinergie tra il ‘Corriere’ e La7 perché, ha osservato, hanno un pubblico simile che chiede un approfondimento delle notizie.
Anche il nuovo proprietario del ‘Corrierone’ ha le sue alleanze sulle quali contare. Gian Maria Gros-Pietro, presidente di Intesa San Paolo, lo ha sostenuto. Il timoniere della più grande banca italiana, quando ancora era incerta la battaglia sulla Rcs, aveva commentato: «L’offerta di Cairo? Ha smosso una situazione stagnante, rivitalizza l’azienda». In passato il nuovo padrone di via Solferino (come è anche chiamato il ‘Corriere’ dalla strada nella quale c’è la sede storica a Milano) ha lavorato con Silvio Berlusconi alla Fininvest, operando soprattutto nel settore strategico della pubblicità.
Per il ‘Corsera’ adesso si apre un capitolo nuovo. Con Cairo arriva un editore puro mentre in passato il consiglio di amministrazione della Rcs era rappresentativo di industriali e finanzieri. Il segretario del Psi Bettino Craxi diceva negli anni Ottanta: «Se vuoi sapere come la pensa la borghesia italiana leggi il Corriere della Sera». La Fiat, per 40 anni socio di maggioranza relativa e a capo del cosiddetto “patto di sindacato” per il controllo del gruppo editoriale, a marzo si è sganciata. John Elkann, alla guida della famiglia Agnelli, dopo la fusione della Fiat con l’americana Chrysler, ha creato un grande gruppo multinazionale dell’automobile che si sta disimpegnando dall’Italia. Così mentre il nonno Gianni Agnelli, un grande appassionato di giornali, aveva nel cuore ‘La Stampa’ e ‘Il Corriere della Sera’, il nipote Elkann ha deciso di uscire da entrambe le testate, cedendo il quotidiano di Torino al gruppo Espresso-Repubblica e prendendo il largo dalla pubblicazione di Milano.
Cambia un’epoca. La proprietà dei giornali da parte di industriali vissuta in Italia (auto, edilizia, petrolio, telefoni, banche, chimica, acciaio), con i loro interessi economici e politici da tutelare, non fa bene all’autonomia e all’indipendenza delle testate né alla diffusione delle copie. Se nelle redazioni non c’è un direttore e dei giornalisti determinati e coraggiosi, pressioni e ricatti possono portare alla pubblicazione di notizie deformate o alla scelta di occultare del tutto o in parte quelle non gradite ai proprietari.
In genere un editore puro è una garanzia, perché non ha il problema di un conflitto d’interessi tra i profitti dell’attività industriale e le notizie in contrasto con quest’ultimi. Certo tutto poi si verifica sul campo. Cairo, quando entrerà nel consiglio di amministrazione di Rcs e porrà uomini di sua fiducia al vertice del gruppo e del giornale, dovrà dimostrare con i fatti il rispetto dell’autonomia dei giornalisti e la realizzazione dell’impegno per un solido rilancio, basato su una informazione di qualità.
Può vantare la vittoriosa “scalata”, ottenuta grazie anche all’alleanza con Banca Intesa, sugli avversari blasonati, industriali e finanzieri, riuniti in “un salottino buono” nell’impresa fallita di acquisire il ‘Corsera’ dopo l’addio della Fiat-Chrysler.
Cairo, editore puro, dirigerà da solo (salvo sorprese) la Rcs. Ha davanti ardue sfide. Occorrerà vedere se rispetterà l’autonomia del giornale, quale sarà il progetto di rilancio produttivo e dell’occupazione, se prevederà una informazione di qualità e come strutturarla. Si dovrà capire, particolare non secondario, quali risorse vorrà e potrà investire. Negli ultimi 8 anni i vari piani di rilancio e di risanamento del “patto di sindacato” a guida Fiat-Chrysler sono tutti naufragati. C’è stata una collezione di record negativi: deficit clamorosi; caduta delle vendite, della pubblicità e dell’occupazione.
Ci saranno sorprese? Dietro l’operazione Corsera c’è il presidente di Forza Italia e proprietario della Fininvest? Il presidente della Cairo Communication ha smentito ogni ipotesi di una “scalata” realizzata con il suo ex capo: “Silvio Berlusconi e la Fininvest non hanno avuto niente a che fare con la conquista di Rcs”.