L’organizzazione torna a denunciare la presunta pratica illegittima che vedrebbe protagonisti i giovani migranti e rifugiati che percorrono la tratta adriatica
«Ho fatto vedere il mio passaporto e che sono minorenne, ma la polizia italiana mi ha detto di tornare indietro». Queste le parole di Akram (nome di fantasia) raccolte da Eva Cossé, ricercatrice di Human Rights Watch. Il ragazzo, un diciassettenne curdo originario dell’Iraq, ha raccontato di aver attraversato l’Adriatico nascosto sotto un camion, a bordo di un traghetto partito dalla Grecia; dopo diciotto ore di viaggio, raggiunte le coste italiane, la polizia lo avrebbe chiuso in una cabina e mandato indietro.
I respingimenti sommari verso la Grecia
Una pratica che, se confermata, non costituirebbe una novità, come osserva l’organizzazione internazionale che monitora le violazioni dei diritti umani: nel 2013, infatti, Human Rights Watch aveva già documentato e denunciato una prassi analoga dopo l’incontro con 13 bambini tra i 13 e i 17 anni che affermavano di essere stati rinviati immediatamente in Grecia. “Sotto la custodia dei capitani di imbarcazioni commerciali, durante il viaggio di ritorno in Grecia adulti e minori erano alcune volte soggetti ad abusi relativi alla reclusione e al trattamento subiti. Tornati in Grecia i minori non accompagnati affrontavano abusi da parte della polizia, condizioni di detenzione degradanti e violenza xenofoba“, scrive l’organizzazione.
Eppure la legge italiana, come pure il diritto internazionale, riconoscono il perseguimento del bene del minore come prioritario: su tutti coloro che affermano di essere minori non accompagnati, dunque, è necessario svolgere le verifiche necessarie a stabilire l’età.
La sentenza della Corte europea
Nel 2014 la Corte europea dei diritti umani aveva condannato l’Italia stabilendo, su ricorso presentato dall’associazione “Dirittiumanipertutti”, che i respingimenti sommari verso la Grecia fossero illegittimi. La sentenza era basata sull’impossibilità di riconoscere la Grecia come “paese sicuro”, condizione che, se presente, avrebbe consentito alle autorità italiane di praticare il respingimento con affido al comandante.
Il caso di Akram
Trattenuto per tre giorni dalla Guardia costiera greca nella città di Igoumenitsa prima di incontrare le forze dell’ordine, Akram aveva già trascorso due settimane in una stazione di polizia in attesa del trasferimento in un centro per minori quando ha incontrato Eva Cossé: “La mancanza di rifugi e altre alternative alla detenzione in Grecia ha condotto al trattenimento arbitrario e prolungato di minori in luoghi inadeguati“, scrive la ricercatrice.
“Sia l’Italia che la Grecia – conclude Cossé – affrontano importanti sfide relative agli arrivi via mare. Ma non ci sono giustificazioni per trattare Akram o qualsiasi altro minore in questo modo. L’Italia deve smettere di respingere sommariamente i minori verso la Grecia e le autorità greche devono smettere di trattenerli nelle celle delle stazioni di polizia, in condizioni degradanti”.
Per l’articolo di denuncia di Human Rights Watch clicca qui.