Discutere del doppio incarico? Lunare. Nello sciocchezzaio semplificato che Matteo Renzi regala alle trasmissioni televisive, la luna è lontana dal mondo reale. Chi l’ammira, guardando in alto, è dunque lunatico, volubile, bizzarro. Creatura notturna, come il gufo. Se tanto mi dà tanto, la direzione del Pd avrà il copione consueto: una relazione del segretario disseminata di frasette per irritare i dissidenti, per farli “venire allo scoperto” e poi servirli con la levata degli scudi fedeli della maggioranza, che è entrata in direzione perché Renzi ha vinto le primarie. Infine tutti a casa, con o senza (scontato) voto finale. L’umiliazione subita da Renzi a Napoli, Giachetti e il Pd asfaltati a Roma; la sconfitta a furia di voti a Torino, tutto ciò è il passato, è “vecchio”. Nuovo è il Brexit, nuovo è il triunvirato con Hollande e Merkel, nuova è la battaglia per salvare il Monte dei Paschi e le altre banche, cui Financial Times dedica oggi la prima pagina, nuovo è il funerale di stato per gli italiani sgozzati a Dacca. “Nuovo” potrebbe chiamarsi il detersivo con cui la politica di governo lava le sue colpe. Un ciclo in lavatrice con “Nuovo”, e il Renzi sconfitto, ammaccato e logoro del dopo ballottaggio, torna bianco che “più bianco non si può”. Resta da vedere cosa diranno oggi Gianni Cuperlo e Walter Tocci. Consiglierei loro di dire qualcosa di semplice, più semplice degli slogan del segretario ma anche con più sostanza. Costruiremo comitati per il No al referendum – questo dovrebbero dire – perché è la riforma costituzionale la madre dell’italicum, perché quella riforma vuol mutare una democrazia rappresentativa in plebiscitaria: sei per Renzi o contro, politica o anti politica? Non si può cambiare prima di ottobre, in fretta e male, la legge elettorale, dando l’impressione di voler truffare i 5 Stelle. Si può e si deve fermare con un voto la riforma che deforma la costituzione, facciamolo!
Il commando dei giovani ricchi, “La doppia vita dei killer”, “Sgozzati dai bamboccioni”. C’è qualcosa di osceno, oltre che di sciocco, in questi titoli del Corriere, della Stampa e del Giornale. Appena meglio, Repubblica dà almeno la notizia: “I kamikaze figli dell’alta borghesia”. E allora? Ci sentiamo traditi, siamo stupiti perché gli assassini non erano sporchi, brutti, poveri e (dunque) cattivi? Ho scritto tanto ieri e l’altro ieri della mondializzazione e dell’anti mondializzazione globalizzata; ho ricordato come con il sorriso sul volto ci si possa attaccare alla vita o scegliere di morire ammazzando. Ho scomodato Adorno. Non aggiungerò se non quel che è ovvio: il messaggio semplificato e radicale del wahhabismo arriva prima nelle università, come una lama taglia il grasso delle menzogne politiche e ideologiche locali, ma consegna alcuni giovani alla menzogna globale e al loro destino di morte. Christine Lagarde, pagina 12 di Repubblica, invoca : “una globalizzazione dal volto umano, la sfida per battere le disuguaglianze”. Le darei ragione, se non avessi motivo di ritenere che il Fondo Monetario Internazionale, la struttura che Lagarde presiede, al massimo pensi un lifting, che, si sa, alla lunga restituisce persino più mostruose le rughe che pretendeva di cancellare.
La tragedia del Bangladesh. Khushi Kabir, attivista dei diritti civili, sostiene che nel suo paese «la forma prevalente dell’Islam (era) il sufismo, spirituale e tollerante». «Dal 2013 tutti coloro che hanno una mentalità razionale, scientifica, coloro che si dicono atei o che mettono in dubbio la religione hanno cominciato ad essere uccisi. Poi è successo ai preti e alla ridottissima minoranza sciita e già prima gli ahmadi. Attentati ogni due-quattro mesi, poi anche due o tre nello stesso mese. Prima che ce ne accorgessimo, sono passati al machete». Ad aprile ecco cosa Amnesty International scriveva a proposito di quel paese: «E’ scioccante che nessuno sia stato punito e che non sia data protezione a membri della società civile che sono minacciati». Il Bangladesh è conteso da clan familiari, maggioranza e opposizione, che hanno per leader delle donne, ma usano la politica, come la minaccia del terrore, per rafforzarsi e regolare i conti fra di loro: arresti, persone scomparse, omicidi mirati. Le vittime innocenti dell’altra sera erano un messaggio che la jihad (non importa se già collegata con Daesh o al Qaeda) lanciava a quel potere, nella speranza di poter prendere il potere. Vittime straniere perché se ne parli. Occidentali, perché in occidente la vita ha un valore.
25 bambini dilaniati, 126 vittime a Bagdad. Lo sapevate? Erano sciiti. E la strage, questa volta, è stata rivendicata dagli assassini di Al Bagdadi. È stata compiuta nel nome di Al Wahhab, il nume dell’ideologia al potere in Arabia Saudita e in tanti stati islamici “moderati”. Lo sciita è “apostata”, perché si dice musulmano ma non segue la “vera” Sharia, la legge islamica come l’ha interpretata lo wahhabismo nel settecento. Apostata è lo Yazida, che adora “l’angelo pavone”. Apostata la donna curda che combatte a volto scoperto Daesh a Kobane. Quando da noi si insiste sul “terrorismo islamico”, certo che è terrorismo islamico ma quando lo si ripete, come se ripeterlo fosse di per sé una medicina, si sottintende che la guerra tra “islamici”, la guerra mossa dall’Arabia sunnita allo Yemen a maggioranza sciita, il confitto tra curdi laici e turcomanni islamisti, che tutto questo non ci interessi affatto. Che si scannino tra loro le “bestie islamiche”, direbbe Sallusti. Anche a Dacca si scannano tra loro. Ma ogni tanto lo fanno per procura: ammazzano 9 italiani per far più male ai loro nemici islamici. O sparano ai turisti all’Aeroporto Ataturk per contestare la tregua di Erdogan con Putin. È la mondializzazione, miei cari! Con il gambero che fa il giro del mondo prima di arrivarvi in tavola, fanno il giro del mondo anche i virus distruttivi del terrore, le ideologie del ritorno al medio evo, i batteri dell’odio per le donne. Il mondo si salva insieme, o perisce.