Tangenti e Pizza “ai vertici dello stato”. Non so se stupisca di più che le mazzette possano arrivare tanto in alto o che il signor Pizza, che della vecchia Dc possiede solo il simbolo, possa essere ancora là, al crocevia tra governo e affari. L’Italia che non cambia. Un altro Pizza, il fratello, è finito in carcere. Par di capire che prendesse soldi e li distribuisse, spendendo il nome di suo fratello e del ministro dell’interno di Renzi. Per non sbagliare avrebbe incontrato Berlusconi, si sarebbe occupato del vertice dei servizi segreti, as usual, avrebbe favorito il fratello di Alfano, facendolo assumere alle Poste, con uno stipendio alto, ma non il più alto, e di questo il raccomandato si sarebbe lagnato. Inquisito ma non arrestato anche un deputato di Area Popolare partito di governo. Si chiama Antonio Marotta, avrebbe collezionato e distribuito tangenti, ma non si sa bene a chi: così il giudice non può accusarlo di corruzione ma “solo” di traffico di influenza, illecito finanziamento e ricettazione”. I simboli si sprecano in questa storia: se Pizza Giuseppe è il padrone del glorioso scudo crociato, il simbolo del nuovo centrodestra è proprietà di un altro del giro, Davide Tedesco. Continuità nel possesso, deja vu talmente forte da apparire caricaturale. Nulla cambia: ai vertici dello stato, c’è sempre bisogno di facilitatori e mazzette, di conti in nero e di fratelli.
Ha dato il meglio di sé, ieri in direzione. Non mi volete segretario? Battetemi al congresso. Non volete il doppio incarico? Cambiate lo statuto. “Basta con la sindrome del conte Ugolino”. Rivolto a Bersani. Basta – rivolto a Richetti – dire che avrei perso “il tocco magico”. “Caro Gianni – rivolto a Cuperlo – sono fuori dal talent”. “Ci sono dentro per la vostra macchiettista rappresentazione. C’è un racconto stereotipato che vede un gruppo di arroganti chiuso nel suo “giglio magico”. Non è così, mi occupo del paese. Alza la voce – come chi sa di dire bugie – addirittura grida per convincere gli astanti che il jobs act ha sconfitto in Italia il lavoro precario. Il governo ha fatto miracoli,dice, solo la minoranza non ci crede. Non toccate le riforme, giù le mani dal referendum. Qui fa sentire la voce di Napolitano: “io applaudivo da Palazzo Vecchio, voi applaudivate in aula”. Perciò se vincessero i “No” io andrei via e con me il governo, ma anche il Parlamento avrebbe finito (tradotto: andreste a casa). Evidentemente il premier ha già il potere di sciogliere le camere o forse il Presidente è rimasto Napolitano. La legge elettorale? Non si cambia, perché non c’è una maggioranza per cambiarla. I 5 Stelle? Sì, hanno vinto i ballottaggi, ma con le loro bugie; e cita come mentitore Casaleggio, rischiando una querela da parte del figlio Davide. Quando però De Luca cerca di tiare su il morale della truppa plaudenti definendo la Raggi “bambolina imbambolata”, Renzi deve prendere le distanze: “è il sindaco di Roma”. Ieri, nel caffè, prevedevo che Renzi sarebbe tornato come nuovo, libero dalle ammaccature del voto nelle città o dal dovere di ogni valutazione critica, dopo un ciclo in lavatrice con “Nuovo”, il detersivo miracoloso che usa i fatti più recenti – Brexit, vertice con Merkel e Hollande, strage di italiani Dacca – per cancellare ogni memoria scomoda. Così è stato. E continuerà a essere. Intanto il Monte dei Paschi di Siena ha perso in borsa il 14%. Ora si sa che il governo dovrà salvarlo insieme alle altre banche, che il potere negoziale in Europa lo userà tutto per proteggere i possessori di obbligazioni, che secondo “le regole” dovrebbero pagare i fallimenti bancari in solido con gli azionisti. Per Renzi tutto ciò è di sinistra, come il jobs act.
La Brexit si mangia i papà. Cameron, che il referendum l’ha voluto, perderà Downing Street. Boris Johnson, che lo ha vinto, non sarà mai leader. Farage da ultimo “si riprende la sua vita” anziché tentare di prendersi il Regno Unito. Che non è mai stato così disunito. Con la City che vuole unirsi a Francoforte, la Scozia che si sente più europea che britannica, l’Irlanda del Nord che vorrebbe unire la sua di isola, le città che hanno votato contro, i giovani pure. La destra ha scoperto di poter vincere un referendum mettendo insieme diffidenza per la mondializzazione, paura dei migranti e del terrorismo, e amalgamando il tutto con il rimpianto per i fasti imperiali. Ma poi non può governare. Perché il capitale finanziario chiede che nulla ostacoli – neanche questa destra – la libera (e rapidissima) circolazione delle merci, pretende che gli stati nazione non si immischino nelle transazioni globali, e considera le disuguaglianze crescenti un semplice danno collaterale. Il nazional socialismo incontrò i Krupp, grandi industriali tedeschi. Farage, Johnson, forse anche Trump, non hanno finora avuto la stessa fortuna. Meglio così, anche se cresce l’incertezza.