BASTA VIOLENZA SULLE DONNE - 25 NOVEMBRE TUTTI I GIORNI

“Due cose mi tengono in piedi: la rabbia e la speranza”. Salvatore Borsellino a Maiano di Sessa Aurunca

0 0

Caserta – Rabbia e speranza sono le parole con cui Salvatore Borsellino ha salutato i giovani e i meno giovani accorsi a Maiano di Sessa Aurunca, in provincia di Caserta, per stringersi intorno ai soci della Cooperativa sociale Al di là dei Sogni, che il 6 luglio ha visto andare in fumo 4 ettari di alberi di noci da legno. La cooperativa opera su un bene confiscato al clan dei Moccia, l’incendio è di chiara matrice dolosa, ha coinvolto solo i terreni della cooperativa e non le coltivazioni limitrofe, ma è troppo presto per fare ipotesi sull’appartenenza della mano piromane. Camorra e/o emulatori che siano, il fuoco di sua natura cancella le prove. Ad un anno di distanza dall’incendio che devastò la Cleprin, l’azienda di detersivi osteggiata dalla camorra locale, sita a pochi chilometri dalla cooperativa, ancora poco si sa sulla dinamica e gli esecutori di quel rogo, come ricordato da Sandro Ruotolo, intervenuto tra gli altri al sit-in “Al di là del fuoco” organizzato da una rete di cooperative e associazioni che ruotano intorno a Libera- nomi e numeri contro le mafie. La giornata di mobilitazione si è svolta sul bene confiscato intitolato ad “Alberto Varone”, imprenditore ucciso dal clan muzzoni di Sessa Aurunca, nella notte del 24 luglio 1991, per non aver voluto cedere la sua attività al clan: a venticinque anni dalla sua morte il Comitato Don Peppe Diana, ha proposto al sindaco di conferire la cittadinanza onoraria a sua moglie Antonietta Sangermano, la cui testimonianza fu fondamentale per condannare Mario Esposito, capo-clan e mandante dell’omicidio.

Tra le parole di Salvatore Borsellino tanta rabbia quando paragona la Palermo del 1992 a quella di oggi, dove ancora peggio di allora domina l’indifferenza e lo stato è troppo spesso deviato. Tra i ricordi tristi, c’è quello di Manuela Loi, agente di scorta di Paolo Borsellino, i cui resti furono chiusi in una scatola di anfibi dei carabinieri, poi in una bara e successivamente spediti alla famiglia, con annessa fattura, la famiglia chiese un prestito per far fronte alle spese. Tra le speranze ci sono i volti e le aspettative dei giovani presenti alla manifestazione, a loro ha dedicato le parole di suo fratello Paolo, che rivolgendosi agli studenti di Parma, scriveva: “sono ottimista perché oggi vedo nei giovani una sana consapevolezza sulla criminalità organizzata, mentre io sono stato avvolto da una colpevole indifferenza fino a quarant’anni”.

Tra le testimonianze di estremo coraggio – oltre ad Antonio Picascia e Franco Beneduce della Cleprin, silenziosamente presenti tra il pubblico – Luigi Leonardi, ex imprenditore napoletano, perseguitato dai clan del melitese.


Iscriviti alla Newsletter di Articolo21