Sessant’anni di storia italiana e non solo, in un grande album di Paese da “sfogliare con gli occhi” all’ombra del Duomo di Milano. È la mostra “La nostra storia. Ieri e oggi nelle fotografie de l’Espresso”, allestita in una sezione apposita di Palazzo Reale fino all’11 settembre prossimo.
Il percorso parte dalle origini del settimanale, con la storica prima copertina del 2 ottobre 1955, poco tempo dopo la nascita della Società Editrice L’Espresso, di cui sono soci Adriano Olivetti e Carlo Caracciolo. il nuovo periodico è diretto da Arrigo Benedetti con la direzione amministrativa di Eugenio Scalfari che già “sognavano un quotidiano”, ma che “dovranno ripiegare su un più economico settimanale”. Da lì parte il percorso di decine di immagini e di copertine, accompagnate da aforismi delle prestigiose firme del settimanale- come Moravia, Eco, Marquez, Sciascia e Calvino per citarne alcune- e da clip delle Teche Rai che rendono il racconto più dinamico. Fotografie oramai impresse nell’immaginario collettivo, che raccontano l’Italia del boom economico, degli Anni di Piombo, del Sessantotto, dei vari governi e di Tangentopoli, passando per i grandi temi caldi della società italiana come la mafia, i disastri ambientali (come quello del 2011 a Genova), il divorzio, i diritti civili e l’immigrazione. Un viaggio che però non si limita ai confini nazionali ma tratteggia uno spaccato della politica internazionale e della Guerra Fredda, dalla Guerra in Vietnam al Muro di Berlino, dal conflitto israelo-palestinese al terrorismo, dall’11 settembre alla strage del Bataclan dello scorso novembre.
Tra l’altro proprio nell’area dedicata al terrorismo una fortissima immagine, osservabile solo attraverso una camera oscura per la sua crudezza, mostra il cadavere di un soldato siriano decapitato dai guerriglieri del sedicente Stato Islamico e, a pochi passi, un gruppo di ragazzini,ormai insensibili di fronte a tanto orrore. La foto, scattata probabilmente dal boia con il suo smartphone, risale all’agosto del 2013 e “L’Espresso” non l’ha mai pubblicata “per non dare ulteriore eco a una violenza cieca, brutale e inutile” ma ha deciso di mostrarla, isolata, nello spazio espositivo “a disposizione di chi volesse riflettere sui suoi contenuti”. Immagini altrettanto dure senza filtri compaiono nel racconto degli Anni di Piombo e in una significativa foto di un bambino colpito dalle radiazioni del disastro nucleare di Chernobyl.
Non manca un’area dedicata a “Milano Capitale” con significativi momenti della cronaca, dell’economia e della società dal dopoguerra alla vittoria di Beppe Sala, ritratto insieme al sindaco uscente Giuliano Pisapia.
La mostra inoltre si impreziosisce di due chicche storiche: la Vespa della Piaggio a settant’anni dall’inizio della sua produzione e la macchina da scrivere utilizzata da Camilla Cederna, corrispondente da Milano dal ‘58 all’ ‘81 per il settimanale, ovvero la il primo modello portatile (MP1) della Olivetti.
E alla fine nell’esposizione, rimane l’amaro in bocca del paradosso di un’inchiesta dell’11 dicembre ‘55 sul malaffare immobiliare a Roma dal titolo “Capitale corrotta = Nazione infetta” che quasi si confonde con le copertine del 2015 dedicate a Mafia Capitale, a metà strada tra i corsi e ricorsi storici di Giambattista Vico e quel cambiar tutto per non cambiar nulla di gattopardesca memoria.