Con la prima trova sponde, col secondo difficoltà. Brilla l’assenza di Renzi
Di Pino Salerno
Il presidente francese Hollande, come d’altronde il presidente della Commissione europea Juncker, ha spesso ripetuto dopo il referendum britannico del 23 giugno scorso che i negoziati sulla Brexit non “possono andare per le lunghe”. Tuttavia, molto probabilmente non sarà questo concetto ad essere ribadito nella cena che avrà luogo a Parigi giovedì tra Hollande e Theresa May, neopremier britannica, soprattutto dopo il vertice di Berlino con Angela Merkel. È vero che ancora in queste ore Hollande è stato costretto a ribadire, al premier irlandese Enda Kenny, che la cosa più importante è “non trascinare per le lunghe i negoziati. Prima vengono aperti meglio è, e più breve sarà il percorso della Brexit, meglio sarà per tutti”. Ma il presidente francese sa molto bene che l’asse tra Berlino e Londra cementato tra due donne conservatrici e molto forti, sul piano caratteriale e politico, non lascerà molto spazio ad accelerazioni temporali, dal momento che hanno già deciso che prima del 2017 Londra non presenterà alcuna richiesta in virtù dell’articolo 50 del Trattato.
La portavoce della premier Theresa May ha infatti confermato che “l’opportunità dell’incontro di giovedì con Hollande è quella di sedersi e di parlare faccia a faccia, in modo che la premier spieghi quale sarà il suo approccio alla tempistica della Brexit. Il primo ministro rivendica che spetta al governo britannico decidere quando presentare la richiesta secondo l’articolo 50”. Più chiaro di così Londra non poteva essere. E tuttavia, la stessa May non si nasconde che il faccia a faccia con Hollande sarà molto più difficile rispetto a quello con Angela Merkel di mercoledì sera. La portavoce infatti ha affermato che “andremo da uno dei partner più antichi e importanti, dove l’approfondimento delle relazioni sulla sicurezza e la difesa è molto importante per entrambi. I francesi hanno apprezzato il lavoro che abbiamo svolto soprattutto in mesi recenti in materia di antiterrorismo e sicurezza”.
Uno degli specialisti di Hollande in materia di commercio internazionale, ex commissario europeo ed ex membro esecutivo della WTO, l’Organizzazione mondiale del commercio, si è mostrato molto scettico sul successo dell’incontro di giovedì tra Hollande e Theresa May, soprattutto per le notevoli divergenze tra i due proprio in materia di regole commerciali internazionali. Il consigliere di Hollande parlando alla BBC ha ribadito che Hollande chiederà con forza i dettagli delle nuove relazioni commerciali con Londra. “Il grande punto interrogativo per l’Europa a 27”, ha detto Lamy, “è cosa sta cercando davvero il Regno Unito?”. L’interrogativo è dunque posto sulle dinamiche commerciali, e non solo, ma ance “sulla difesa, e sulla protezione dell’ambiente”. Fu Lamy che avvertì la diplomazia britannica durante la campagna referendaria del fatto che l’accesso eventuale del Regno Unito al mercato unico della UE non poteva avvenire senza un accordo sul libero movimento delle persone. Lamy ha citato il caso norvegese di accesso al mercato unico a condizione di accettare il libero movimento e di pagare i contributi al bilancio della UE. “Per quel che ho capito della Brexit”, ha detto dunque Lamy, “non vogliono né il libero movimento né accettano di pagare. Perciò è una pia illusione adattare lo schema norvegese alla Brexit”.
Angela Merkel, mercoledì sera, aveva concordato con Theresa May sulla necessità di prendersi sei mesi di tempo. Ma Hollande avrà bisogno di maggiori certezze e chiarezza sul processo che porterà alla Brexit. Lasciando la Merkel, Theresa May aveva affermato: “tutti noi abbiamo bisogno di più tempo per prepararci per questi negoziati e il Regno Unito non invocherà l’articolo 50 se i nostri obiettivi non fossero chiari. Capisco che questo calendario possa non piacere a tutti, ma credo che sia importante dirlo con chiarezza fin da ora”.
Insomma, appare chiaro che la Brexit, le sue regole e i suoi tempi siano ormai un affare che rientra nelle decisioni di tre persone: Angela Merkel, Theresa May e Francois Hollande. Non c’è spazio per nessun altro, da quel che pare di capire, neppure per quel Matteo Renzi che all’indomani del referendum britannico aveva sbandierato come una conquista italiana la sua presenza al tavolo delle trattative sulla Brexit. Così va il mondo, caro Matteo: i potenti seguono interessi che spesso sono ignoti ai più. Talvolta t’invitano al loro tavolo delle decisioni, talvolta no. Questa volta ti è toccato abbozzare.