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Assolto il giornalista  Agostino Pantano, per il giudice di Palmi il fatto non sussiste

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L’accusa era di essersi appropriato in modo illecito dei documenti della commissione d’accesso, in cui si chiarivano le motivazioni dello scioglimento del Comune di Taurianova, in provincia di Reggio Calabria. Per quel capo d’imputazione il giornalista Agostino Pantano rischiava una pena fino a 8 anni di reclusione, ma il Tribunale di Palmi lo ha assolto con formula piena, perché il fatto non sussiste. Il giudice monocratico Silvana Labate ha accolto le richieste dei difensori di Agostino, Salvatore Costantino e Claudio Novella, in quanto gli articoli scritti nel 2010 per il quotidiano Calabria Ora, ed in particolare il loro contenuto, non erano frutto di una vera e propria ricettazione che ignoti avrebbero attuato con lo stesso Pantano.

Una vicenda strana, perché parte da una denuncia per diffamazione presentata dall’ ex sindaco del Comune della Piana Rocco  Biasi, archiviata dal Tribunale di Cosenza. Ma la Procura di Palmi aveva chiesto ed ottenuto il rinvio a giudizio per l’accusa di ricettazione, come se le notizie sul caso Taurianova fossero state acquistate come si fa per una refurtiva. Invece la stessa Procura, al termine del dibattimento, non essendo stata individuata la fonte, ha  chiesto il proscioglimento. Dunque il giornalista calabrese ha fatto solo il suo dovere di cronista, cioè raccontare come la ndrangheta si sia infiltrata, sia dal punto di vista amministrativo che politico, all’interno del Comune della provincia di Reggio. “Questo processo non si  doveva tenere – ha dichiarato pantano al collega Lucio Musolino de Il Fatto quotidiano – perché il mio diritto di scrivere quell’inchiesta era stato già stabilito da un giudice che aveva archiviato la denuncia per diffamazione. Spero che questo caso limite possa servire ad alzare la guardia per chiedere quelle riforme che impediscano lo svilimento del diritto di cronaca”.

Intanto altri giornalisti del quotidiano Calabria Ora sono stati ammessi come parti civili nella causa per il fallimento della società editrice del giornale, di proprietà dell’ imprenditore Pietro Citrigno.


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