A Mogadiscio, nel pomeriggio di domenica, è stata uccisa Sagal Salad Osman, giornalista di 24 anni produttrice e presentatrice di un programma per bambini dell’emittente pubblica Somali National Television (SNTV). Si è trattato di un vero e proprio agguato. Uomini armati – sembra fossero in due – prima di dileguarsi, hanno aperto il fuoco contro di lei sei volte mentre sedeva assieme a due amiche in un bar vicino alla Plasma University che frequentava nel quartiere Hodon. Indossava il velo secondo la più rigorosa regola islamica. Gli assassini le hanno chiesto di scoprirsi e quando l’hanno riconosciuta le hanno esploso il caricatore sul volto. Inutile è stata la corsa in ospedale.
Era a capo di una famiglia di sei fratelli che, con lei, perdono ogni sostentamento. I colleghi, costernati, non hanno saputo spiegare i motivi dell’aggressione. Il Presidente della Repubblica Federale somala Hassan Sheikh Mohamud ha condannato l’assassinio ed ha giurato che il suo governo lavorerà duramente per trovare i responsabili ed assicurarli alla giustizia. Si tratta di una promessa impegnativa perché la Somalia è tra i paesi più pericolosi del mondo in tema di libertà di espressione. L’organizzazione Reporter senza frontiere (RSF) ha posizionato la Somalia 172° paese su 180 per la libertà di stampa nel 2015. Secondo il Committee to Protect Journalists (CPJ), 45 giornalisti somali sono stati uccisi dal 2007. Con l’omicidio di domenica, le vittime dei media in Somalia salgono dunque a 46 ma, sempre dal 2007, nessun processo è mai stato celebrato per punire i colpevoli di questi omicidi.
“Offriamo le nostre sentite condoglianze alla famiglia di Sagal Salad Osman e imploriamo le autorità somale di consegnare i responsabili dell’omicidio di Sagal alla giustizia rompendo il ciclo di violenza e di impunità che ha afflitto il paese per così tanto tempo” ha detto Omar Faruk Osman, Segretario Generale della NUSOJ, l’Unione nazionale dei giornalisti somali. “Chiediamo alle forze di sicurezza ed alla magistratura di operare in modo che la sua morte non resti impunita” ha aggiunto Faruk Osman. Per vero, Sagal Salad Osman è la prima vittima del 2016 tra gli operatori dei media in Somalia. Tuttavia è la seconda vittima in sei mesi. Prima si lei, lo scorso dicembre, era stata uccisa Hindiyo Haji Mohamed (27 anni) con una bomba piazzata sotto la sua auto.
Gli esperti fanno notare che la diminuzione delle morti dei giornalisti negli ultimi mesi è collegata al regime del Presidente Mohamud che ha imbavagliato gli organi di informazione particolarmente in vista delle elezioni generali del prossimo agosto ed ha addirittura premiato i poliziotti addetti alla Radio di Stato somala Abdicasis Africa e Jebril Abdi, sebbene accusati di aver stuprato la giornalista Fadumo Abdulgadir Hassan che, per essersi ribellata alla violenza, è stata anche processata e condannata.
Fonti locali ricordano che i giornalisti sono spesso presi di mira da Al Shabaab, gruppo somalo fondamentalista affiliato ad Al Qaeda e all’IS, ma alcuni attacchi sono stati attribuiti a uomini d’affari o politici infuriati per la copertura mediatica delle loro malvage imprese. Gli attentati e le intimidazioni sono una costante ovunque nel mondo dia fastidio il controllo dei media. In Italia la FNSI ha recentemente manifestato davanti alle ambasciate di Egitto, Iran e Turchia, Paesi dove nei mesi scorsi si è registrata una brusca repressione della libertà di espressione. Inoltre la stessa FNSI, in persona dei suoi massimi esponenti, il Presidente Giuseppe Giulietti e il Segretario Raffaele Lorusso, ha inaugurato una nuova stagione per il sostegno ai giornalisti vittime di intimidazioni e nei giorni scorsi, con una storica decisione, ha ottenuto per la prima volta dal Tribunale di Catania di potersi costituire parte civile contro la criminalità organizzata che aveva minacciato e picchiato il giornalista dell’AGI e direttore del sito Internet Laspia.it Paolo Borrometi.