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Ritirata la norma sulla diffamazione di politici e magistrati, la Fnsi: «Bene, ora via il carcere per i giornalisti»

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Il senatore Giuseppe Cucca, relatore del provvedimento, ha annunciato che non ci sarà più alcun riferimento al reato della diffamazione nella norma contenuta nel ddl contro le intimidazioni agli amministratori pubblici. Soddisfatta la Fnsi, che ha da subito contestato l’inasprimento delle sanzioni a carico dei giornalisti: «Bene, ora il Parlamento approvi la nuova normativa sulla diffamazione che, oltre ad abrogare la pena del carcere, possa finalmente prevedere norme che scoraggino l’uso e l’abuso delle cosiddette “querele
Non ci sarà più alcun riferimento al reato della diffamazione nella norma contenuta nel disegno di legge contro le intimidazioni agli amministratori pubblici. Ad annunciarlo è stato il relatore del provvedimento, senatore Giuseppe Cucca, intervenendo in Aula nel corso della discussione sul testo.

Una notizia positiva, più volte auspicata dal sindacato dei giornalisti: «Non possiamo che prendere atto con soddisfazione – è il commento del presidente Giulietti e del segretario generale Lorusso – della decisione di stralciare dalla legge a tutela degli amministratori “sotto tiro” la parte relativa all’inasprimento ulteriore delle sanzioni penali, leggi carcere, relative alla diffamazione».

Del resto, come hanno fanno più volte notare i vertici della Federazione nazionale della stampa italiana, è da tempo in discussione un’altra legge, giunta alla quarta lettura, che prevede l’abrogazione del carcere, come richiesto dalle istituzioni comunitarie. «La Fnsi – proseguono Lorusso e Giulietti – ringrazia quanti, dentro e fuori il Parlamento, hanno condiviso l’impegno e le iniziative di questi giorni e si augura che finalmente possa essere approvata la nuova normativa sulla diffamazione che, oltre ad abrogare la pena del carcere, possa finalmente prevedere norme che scoraggino l’uso e l’abuso delle cosiddette “querele temerarie”, divenute un vero e proprio strumento di intimidazione nei confronti dei cronisti».

La norma, che prevedeva la possibilità per i giornalisti di essere condannati fino a 9 anni di carcere se accusati di aver diffamato un politico, un amministratore pubblico o un magistrato, aveva sollevato nei giorni scorsi molte polemiche e innescato la decisa reazione, tra gli altri, anche di Fnsi, Ordine dei giornalisti e Ossigeno per l’informazione. «Per evitare altre strumentalizzazioni e polemiche infondate – ha spiegato il Aula il senatore Cucca – abbiamo deciso di levare dal testo dell’articolo 3 anche il riferimento all’articolo 595 del codice penale e non vi sarà più alcun legame con il reato della diffamazione».

L’impegno della Federazione nazionale della stampa italiana al fianco dei colleghi e degli amministratori presi di mira dalla criminalità, però, non si ferma. La Fnsi ha infatti deciso di aderire alla marcia, promossa dall’associazione “Avviso pubblico”, che si svolgerà il prossimo 24 giugno a Polistena, Reggio Calabria. «Ci auguriamo – anticipano Raffaele Lorusso e Giuseppe Giulietti – che tutti i media, a partire dal servizio pubblico, vogliano seguire e dare voce a quanti, a partire dagli amministratori e dai cronisti “sotto tiro”, hanno scelto di contrastare, ogni giorno, mafie, corruzione, malaffare».

Un appello alla partecipazione rilanciato anche da Carlo Parisi, segretario generale aggiunto della Fnsi e segretario del Sindacato Giornalisti della Calabria: «Se vogliamo davvero difendere il nostro lavoro, la nostra dignità e la qualità dell’informazione, dobbiamo essere uniti. Le battaglie non si vincono da soli, specie in realtà difficili come la Calabria dove ogni volta che si manifesta contro il malaffare occorre partecipare in massa».


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