Il processo è cominciato lentamente, poi è diventato quasi tumultuoso. Lavoro, banche, scuola, pubblica amministrazione, legge elettorale con premio di maggioranza alla lista, revisione costituzionale: le riforme strutturali del governo non sono piaciute a una parte della sinistra, esterna ed interna al Pd, e Matteo Renzi ha perso consensi.
Così le elezioni per i sindaci rischiano di giocare un brutto scherzo al presidente del Consiglio e segretario del Pd. Ha già perso Napoli al primo turno, si è piazzato al secondo posto a Roma dopo il M5S e probabilmente perderà la capitale al ballottaggio del 19 giugno. Ma per Renzi il pericolo è di essere sconfitto al secondo turno anche a Milano, Torino e Bologna, città governate dal centrosinistra e nelle quali il Pd pure si è piazzato in testa nel primo voto del 5 giugno.
Il Pd renziano nel primo turno sembra aver perso smalto tra gli elettori centristi e, soprattutto, di sinistra. La caduta potrebbe ripetersi nella tornata elettorale finale. Parte dei voti degli elettori di sinistra sono finiti ai cinquestelle o all’astensione. Sarà difficile recuperare. Stefano Fassina, uscito dal Pd lo scorso anno, leader di Sinistra Italiana, non convergerà sui democratici: «Io andrò a votare, ma si può votare scheda bianca». Il candidato della sinistra, battuto nella corsa a sindaco di Roma, dà l’indicazione per la scheda bianca, ma personalmente sembra intenzionato a votare per la cinquestelle Virginia Raggi e non per il democratico Roberto Giachetti: «Dobbiamo dare una risposta di radicale discontinuità con la politica del Pd».
Certo non tutti la pensano così in Sinistra Italiana e in Sel, sia nella capitale sia in altre città italiane. Molti propendono per votare candidati del Pd. Domina il caos. Anche nelle città nelle quali il centrosinistra si è presentato unito e non diviso il responso è stato diverso: a Cagliari è stato rieletto sindaco al primo turno Massimo Zedda, Sel, mentre a Milano Giuseppe Sala, a sorpresa, è avanti di appena un punto su Stefano Parisi, centrodestra.
Circola un timore: Sinistra Italiana-Sel e le sinistre del Pd, sul piede di guerra contro Renzi, potrebbero votare per i candidati pentastellati o astenersi. Un segnale arriva da Ignazio Marino, ex sindaco Pd di Roma sfiduciato dal suo partito: molti suoi elettori al primo turno hanno votato per la Raggi, per Fassina o si sono astenuti. Al secondo turno il fenomeno potrebbe ripetersi. Comunque Marino ha annunciato a ‘La Stampa’: o il Pd riconosce l’”azione gravissima” commessa ai suoi danni o “non posso votare” per Giachetti.
Pier Luigi Bersani, Gianni Cuperlo, Roberto Speranza, Massimo D’Alema per adesso tacciono perché vogliono rispettare “la moratoria” nelle polemiche interne, stabilita durante la campagna elettorale. Vogliono evitare il rischio di essere additati come i responsabili di una possibile sconfitta elettorale del Pd. Così hanno messo da parte le accuse di “arroganza” e di “spaccare” il partito, lanciate nei mesi scorsi contro il presidente del Consiglio.
Per Renzi le elezioni amministrative, caricatesi di un forte significato politico, sono uno spartiacque. La sinistra fuori dal Pd e le minoranze interne sembrano voler voltare le spalle a Renzi. Il presidente del Consiglio non è soddisfatto del risultato delle urne al primo turno, ma respinge le critiche delle opposizioni e delle minoranze interne: non è il M5S, ma il Pd “il primo partito in Italia” senza alcuna discussione e la sinistra di Fassina e Vendola ha fatto flop nelle urne. Se la prende con le minoranze democratiche perché danno l’immagine di “un partito diviso su tutto” e annuncia con parole ruvide la volontà di rinnovare il Pd a livello locale e nazionale: «Noi nel partito ci entreremo con il lanciafiamme, subito dopo i ballottaggi».
Comunque non si dimetterà se andranno male i ballottaggi per i sindaci, cominciando dal significativo test di Milano: «Abbiamo già detto che l’esito della permanenza al governo è legato al referendum costituzionale» previsto ad ottobre.
Tuttavia nelle sinistre del Pd e nella stessa maggioranza renziana del partito crescono i malumori e le critiche verso il premier-segretario. Il Pd nel primo turno a Torino, Milano e Roma ha vinto nei quartieri borghesi e del centro ed ha perso in quelli popolari e delle periferie. I lavoratori, i precari, i disoccupati, colpiti pesantemente dalla Grande crisi economica, in gran parte hanno voltato le spalle a Renzi. Sergio Chiamparino ha avvertito in una intervista a ‘La Stampa’: «Sottovalutare i segnali che sono arrivati dal primo turno sarebbe sbagliato». Il presidente della regione Piemonte, ex Pci-Pds-Ds, sollecita Renzi a cambiare rotta, impegnandosi nella difesa del lavoro e per combattere le aumentate disuguaglianze sociali. Va curato e non più trascurato l’antico e deluso elettorato del partito, quello degli operai, dei lavoratori dipendenti, dei pensionati.
Renzi si è vantato di guidare il più grande partito progressista d’Europa, ma rischia di perdere il primato conquistato alle elezioni europee del 2014, con il Pd arrivato al 40,8% dei voti. Da quando ha imbarcato Denis Verdini nella maggioranza di governo i problemi si sono ingigantiti. L’ex braccio destro di Silvio Berlusconi, con molti guai giudiziari sulle spalle, non ha portato fortuna a Renzi, anche se i voti dei senatori verdiniani a Palazzo Madama hanno permesso al governo di continuare ad avere una maggioranza e di andare avanti.