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Renzi e il “rancore”

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Ora è tempo di mediare, con questa fare, tra virgolette perché attribuita a Renzi, Repubblica sceglie di aprire oggi il giornale. “Renzi alla battaglia delle periferie”, scrive invece La Stampa, e spiega: “bonus condomini”. Si vorrebbe istituire un fondo (pubblico? o pubblico-privato?) che anticiperebbe ai condomini i soldi per ristrutturare un edificio malandato, giovandosi delle riduzioni fiscali già previste dalla legge. Nel tempo e a rate, magari con un prelievo nella bolletta energetica, i condomini dovrebbero restituire. Non è neppure una cattiva idea. Tutto sta a capire come funziona, chi gestisce, quanti soldi saranno a disposizione, e a quali banche poi saranno venduti i crediti. Quanto alla mediazione di Renzi, con chi, su cosa? Non è dato saperlo. Meglio aspettare perché ricordo quando Tocci, con cui condividevo la battaglia per cambiare il testo de #labuonascuola, riuscì a convincere il premier-segretario che stava sbagliando, che una mediazione era necessaria. Renzi lo ammise persino in televisione, a Vespa. Il giorno dopo, però, i suoi pasdaran, Puglisi, Faraone, Coscia, Marcucci, lo andarono a trovare: “noi ci abbiamo messo la faccia”. Renzi vide la possibilità di non deluderli e di passare in forza, sottrarre d’imperio il provvedimento alla commissione (dove una maggioranza ne pretendeva la modifica) e imporlo in aula con la fiducia. Così fece!

D’Alema e il rancore. Massimo D’Alema dice a Cazzullo, del Corriere, di aver votato Giachetti, “secondo le indicazioni del partito”, ma gli annuncia che voterà No al referendum costituzionale. Definisce “incostituzionale l’Italicum” e chiede che Renzi lasci la segreteria del Pd: “serve una figura che si occupi del partito a tempo pieno”. Poi racconta le direzioni del Partito di Renzi: “Sono momenti di propaganda. Il capo fa lunghi discorsi, cui seguono brevi dichiarazioni di dissenso; poi parlano una cinquantina di persone che insultano quelli che hanno dissentito. Non c’è ascolto, non c’è confronto. Non esiste la possibilità di trovare convergenze o accordi”. Difficile dargli torto, ma è già pronta la replica: il suo è rancore!

Un fantasma si aggira per l’Italia: il risentimento. Scrive Marco Belpoliti su Repubblica: “Livore, astio, ostilità, acredine, malevolenza, vendetta”. Questa malattia accomunerebbe i D’alema e i Mineo – è quello che scrivono ogni giorno i renziani che si ostinano a seguire il Caffè – alla gente di Tor Della Monica e delle Vallette che ha votato per Raggi e per la Appendino. Insomma sarebbero dominati dal rancore tutti quelli che, essendo stati di sinistra, si ostinano a disturbare il manovratore, a non fidarsi e non affidarsi a Matteo Renzi. Il pezzo su Repubblica è godibile, pieno di citazioni. “Rancore come ruminare”, secondo lo psicanalista sudamericano Luis Kancyper. “L’unica malattia mentale contagiosa, come ha ricordato Luigi Zoja nel suo studio Paranoia”. Ok, andremo tutti dallo psicanalista. Oddio, per quelli delle periferie bisognerà istituire un ulteriore fondo pubblico a cui restituire l’importo delle parcelle in comode rate almeno quarantennali. Ma andiamo oltre l’ironia.

Le radici di questo atteggiamento negativo, di questa forte disposizione alla critica e al “vaffa”, vanno cercate nella crisi delle aspettative (di reddito e di status) di cui si nutriva in occidente il ceto medio. Scrive Belpoliti: “Molte persone soffrono la vergogna di non aver raggiunto quei riconoscimenti economici e sociali promessi a tutti da una società solo in apparenza democratica ed egualitaria”. Vero. Come si risponde? Solo dicendo, è la competizione, bellezza? Potrebbe perfino funzionare se 10 individui su 100 alla fine, dopo tanta fatica e un po’ di fortuna, ottenessero i “riconoscimenti promessi”. Se al contrario non è lontano dal vero lo slogan di occupy wall street – uno ce la fa ma 99 perdono – allora non va bene, non funziona più, come si vede nell’America di Sanders, nella Spagna di Podemos, della Gran Bretagna di Corbyn. Esiste poi un uso canaglia di questo parametro, buono per zittire chi non ha nulla da perdere e quindi parla. Parli perchè in preda a rancore! È la stessa tecnica sperimentata dal dottor Goebbels: voi popolo ariano sapete soffrire e sperare, agli ebrei coi nasi adunchi denaro e successo non bastano mai. Loro gufano perché sono il male!

Mentre i kamikaze del califfo ammazzavano a Charlie Hebdo e al Bataclan, un grande imprenditore francese del cemento, Lafarge, consegnava allo Stato Islamico il 15% dei suoi profitti. Pagava agli uomini in nero le tasse sul trasporto, comprava il carburante dalle loro raffinerie, tutto per far funzionare il grande cementificio che il gruppo aveva aperto a Jalabija, nel nord della Siria. È la notizia che apre Le Monde di oggi. Scusate, se a un figlio di immigrati magrebini che avesse incontrato una sola volta un terrorista islamico si voleva togliere la nazionalità e cacciarlo dalla Francia, cosa si dovrebbe fare ora a monsieur Lafarge? Non gli si farà proprio niente, perché le persone non hanno diritti, il denaro sì.

Da corradinomineo


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