Balzo dei 5 Stelle, il Pd soffre. “La Raggi vola a Roma, soffre il Pd”. Titoli identici per il Corriere e per Repubblica. Quest’ultima aggiunge: “Ora ballottaggi a rischio”. Da parte mia osservo che il Partito della Nazione (di Renzi) ha fatto peggio del Pd “Ditta” (di Bersani), che il Movimento 5 Stelle è un passo dalla conquista di Roma e può giocarsela a Torino, che la Forza Italia di Berlusconi non ha futuro senza Meloni e Salvini, che la sinistra-sinistra deve prima precisare il proprio profilo politico e solo dopo può chiedere il voto.
Cominciamo da Renzi. Il suo candidato feticcio, Sala, manager Expo, ma imposto anche agli arancioni di Pisapia, è primo di un soffio a Milano 41,6% contro il manager delle destre unite, Parisi, che lo incalza col 40,9. A Napoli, dove il premier ha promesso soldi per Bagnoli, ha attaccato De Magistris, ha chiuso la campagna per la sua candidata, Valeria Valente è stata esclusa dal ballottaggio. De Magistris totalizza il 42,3 dei voti e fa meglio di Piero Fassino che a Torino si accontenta del 41,6 con la sfidante a 5 Stelle, Appendino, al 31,9%. Bologna conferma l’allarme (o la sofferenza) del Pd di Renzi: Merola non sembra in grado di superare la soglia del 40 per cento – i risultati sono provvisori -, andrà al ballottaggio con la leghista Bergonzoni 22 e rotti e qui è da segnalare anche il risultato positivo del più a sinistra e del più civico dei candidati della sinistra, Martelloni, che si attesterebbe al 7%. Ciliegia sul gateau (indigesto) per Renzi, a Cagliari il vecchio centro-sinistra di Bersani elegge al primo turno il sindaco di Sel, Massimo Zedda.
Ora che succede? Il movimento 5 Stelle può governare Roma perché non riesco proprio a immaginare che i supporter della Meloni vadano a votare Giachetti al ballottaggio. A Milano partita apertissima, con i 5 Stelle a fare da ago della bilancia. A Torino e a Bologna, Fassino e Merola, dovranno lottare con i denti per salvare la poltrona. De Magistris si confermerà sindaco di Napoli e, da sindaco, proporrà il suo metodo “zapatista” a tutta la sinistra che non vuole rassegnarsi. La quale sinistra non sembra aver convinto, a parte Bologna e concedendo l’onore delle armi ai candidati in condizioni difficili di Milano e Roma. La gente delusa, frastornata, preoccupata, vuol sapere chi sei, che farai, quali radici hai piantato nelle città e con quali alleanze. Solo dopo ti vota.
Ora lo scontro si sposta sul referendum. All’armata Brancaleone che è per il No (dal sottoscritto alla Meloni, dalla Raggi sindaco a Salvini, passando per tante e tanti che ieri non sono andati a votare) sarà ora più facile sostenere che la riforma Renzi-Boschi è in realtà un abito confezionato sulla misura delle ambizioni sfrenate del Premier. Che si vuole cambiare la Costituzione (e imporre una torsione plebiscitaria alla nostra democrazia) proprio in quanto il Partito della Nazione è in crisi di risultati. Proprio i candidati di Renzi appaiono modesti e l’alleanza coi Verdini impresentabile. Proprio, e soprattutto, perché il governo ha poco da proporre all’Europa, ai giovani disoccupati, al ceto medio che precipita verso una condizione proletaria. Tuttavia il fronte del Sì ha uno strumento di marketing eccezionale a disposizione: il governo. Da Palazzo Chigi influenza giornali e televisioni, può promettere bonus riparatori e nascondere (per qualche tempo) i dati reali della crisi. Renzi, infine, può sperare che l’Europa tedesca gli dia una mano pur di non mandare tutto a puttane. Lo scontro sarà duro.