“Ho subito l’anno scorso una violenza sul pianerottolo del mio comodino. Sono stata seguita fino alla porta del mio appartamento. Credevo avesse intenzione di derubarmi. E invece l’intenzione era un’altra… Quando è andavo via l’ho denunciato ai carabinieri che lo hanno subito arrestato e adesso è in carcere da un anno in attesa del processo”.
Roberta è una giovane donna vittima di violenza che ha deciso di denunciare il proprio aggressore e racconta la sua drammatica vicenda ai microfoni di Rainews24. “Lui è una persona pericolosa e ho sentito ancor più la necessità di denunciarlo quando molte persone intorno a me mi consigliavano di non farlo perché avrei dovuto rimuovere… Ma rimuovere un atto del genere non è affatto una soluzione ed è purtroppo uno spaccato grave della nostra società il fatto che certe azioni vengano quasi tollerate”.
Katia è stata sposata con il suo uomo per 27 anni. Circa sette anni e mezzo fa, in concomitanza con la nascita del secondo figlio sono cominciate le violenze. “La prima volta – ci racconta Katia – mi ha quasi spezzato il braccio mentre tenevo mia figlia. Dì lì a poco i primi episodi di violenza ai danni del piccolo: una molletta scagliata in faccia con violenza gli ha spaccato le sopracciglia facendole sanguinare, calci e pugni per un compito scolastico che non sapeva fare o per una scalfittura del muro con un cavallo a dondolo. I miei figli vivevano quasi il terrore di stare da soli con lui perché alla minima sciocchezza venivano malmenati e picchiati. E poi le minacce di morte a me con un cacciavite dopo avermi buttato in terra. E tutto questo davanti ai bambini”.
Mentre le violenze alle donne non accennano a diminuire e il feroce femminicidio di Sara Di Pietrantonio suscita ancora sgomento e dibattito e partono appelli per aprire sportelli antiviolenza in ogni Municipio, a Roma è a rischio chiusura lo storico centro antiviolenza “Donatella Colasanti e Rosaria Lopez” che dal 1997 ha aiutato e seguito quasi diecimila donne provenienti da tutti i municipi di Roma, oltre che da altre città e regioni di Italia e ha ospitato più di trecento donne, con figli minori, che hanno avuto una reale opportunità di ricostruire la propria esistenza, fortemente messa a repentaglio dalle violenze subite, e di progettare un futuro libero, indipendente e sereno.
Per questa ragione Oria Gargano, presidente di Be Free, la cooperativa che gestisce il Centro ha lanciato una petizione su Change.org contro la chiusura di questo ed altri centri antiviolenza. “Questo sportello – spiega a Rainews 24 – è al centro di un contenzioso tra Regione e Comune sulla proprietà dello stabile che lo ospita. Una situazione molto pericolosa pur avendo avuto qualche rassicurante segno dalla Regione che si è detta disponibile ad un tavolo di confronto per scongiurare la chiusura. Ma contemporaneamente questo centro e altri servizi sono tutti a rischio perché stanno finendo i bandi”. “Tutto ciò è incredibile – conclude Oria Gargano – e si deve capire che questi non sono servizi come gli altri. Sono centri di pubblica utilità che salvano vite umane. Se ciò avvenisse, dalla fine di luglio, in tutta Roma, una donna che dovesse subire violenze non avrebbe un posto dove andare”.