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Migranti in transito, perché Roma non riesce a fare come Milano e Parigi?

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Quello che sta accadendo all’ex centro Baobab è emblematico. Nell’ultimo anno si è discusso sulla necessità di creare nella Capitale un centro per transitanti, ma sia la giunta Marino che l’amministrazione Tronca non sono riusciti a portare avanti un modello sostenibile. Riuscirà il nuovo sindaco ha raccogliere la sfida? Volontari e associazioni chiedono a Raggi e Giachetti di prendere posizione

ROMA – L’accampamento davanti al cimitero monumentale del Verano è stato rimosso, le tende a via Cupa, invece, restano ma sotto la minaccia costante di uno sgombero (per ora solo parzialmente scongiurato). Quello che sta succedendo davanti all’ex centro Baobab da due giorni, tra forze dell’ordine che minacciano di togliere tutto e i volontari che difendono il presidio per transitanti, è l’emblema della difficoltà di affrontare a Roma il tema dell’accoglienza. Nell’ultimo anno, infatti, nella Capitale si è discusso sulla necessità di un centro per i migranti in transito, prima con la giunta di Ignazio Marino poi con l’amministrazione del commissario Francesco Paolo Tronca. Ma, ad oggi, una reale soluzione non è stata trovata. A doversene occupare sarà quindi il nuovo sindaco, che i romani sceglieranno il prossimo 19 giugno, tra Virgina Raggi (M5s) e Roberto Giachetti (Pd). Ai due candidati, in queste ore, i volontari ormai riuniti nell’associazione Baobab Experience chiedono una presa di posizione: un appello che però finora è rimasto senza risposta. In altre città, però, modelli alternativi ci sono, perché è così difficile replicarli anche a Roma?

A Milano, per esempio, l’accoglienza per i migranti in transito è assicurata da un progetto congiunto tra Comune e associazioni. L’iniziativa è attiva dall’ottobre del 2014. Prima l’assistenza avveniva all’interno della stazione centrale, poi Ferrovie dello Stato ha concesso alcuni locali dismessi, e così in via Saltamartini è stato aperto un vero e proprio hub con 70 posti letto e due ampie sale di ritrovo. Qui i migranti che arrivano possono mangiare, bere, riposarsi, ma anche avere informazioni dai volontari e gli operatori dell’associazione progetto Arca, nonché usufruire dell’assistenza medica. Alcuni vengono poi inviati ai centri di accoglienza. Il modello Milano era stato preso come esempio replicabile anche a Roma, l’ex assessora alle politiche sociali della giunta Marino, Francesca Danese, aveva infatti annunciato, con tanto di conferenza stampa, l’apertura nella Capitale del primo centro per  transitanti, all’ex Ferrhotel, un edificio di Ferrovie (di 1.100 mq e 50 camere). dato in comodato d’uso al Comune proprio con questo obiettivo. Era il 30 giugno e il Baobab, ancora operativo, era nel pieno dell’emergenza sovraffollamento. Da un mese, dopo lo sgombero della comunità della Pace di Ponte Mammolo e la sospensione di Schenghen per il G7 in Germania, i profughi che continuavano ad arrivare a Roma potevano contare lì sull’impegno dei tanti cittadini romani che si erano messi al servizio di un nuovo modo di fare accoglienza. Ma il progetto del Comune, nonostante gli annunci, non ha mai visto la luce, perché ho poi spiegato a Redattore sociale Francesca Danese: “il problema è stato quello di reperire le risorse”. Dalla stima iniziale di 150 mila euro per i lavori di ristrutturazione e messa a norma, si è passati a quella, più reale, di 600 mila. E così il progetto si è arenato.

Anche la nuova amministrazione Tronca non ha mai pensato realmente di riprendere in mano la possibilità di rendere utilizzabile il Ferrhotel. Ma dopo lo sgombero del Baobab, ha iniziato una trattativa con i volontari, per definire, nelle intenzioni, un progetto congiunto. Gli attivisti di Baobab experience hanno così messo sul tavolo un progetto da loro già elaborato, chiedendo di poter portare avanti la loro esperienza volontaristica nall’ex Istituto ittiogenico, a pochi passi dalla stazione degli autobus di Tiburtina. L’area che comprende due stabili e un ampio giardino, per un totale di più di 6.000 metri quadri, attualmente è in stato di abbandono. L’obiettivo dei volontari è di riqualificarla e creare all’interno un’iniziativa di accoglienza a 360 gradi: non un progetto solo assistenziale, ma un vero centro di accoglienza dove, con il contributo delle tante associazioni che portano già  supportano a via Cupa, fare tutela legale e psicologica e assicurare l’assistenza medica. Ma ancora una volta il silenzio delle istituzioni è stato assordante: così i volontari hanno provato ad occupare la struttura per essere sgomberati il giorno stesso, dopo poche ore.

Nel frattempo a via Cupa in queste ultime settimane è tornato il via vai di migranti, e davanti al centro ormai chiuso l’assistenza si fa in strada, con un presidio fisso e tende da campeggio dove ospitare i profughi durante la notte. Per il numero straordinario di persone, un accampamento era sorto anche davanti al cimitero del Verano. Fino a quando, due giorni fa forze dell’ordine e Ama hanno imposto ai volontari di rimuoverlo.

Negli stessi giorni a Parigi, la sindaca Anne Hindalgo ha annunciato un centro di accoglienza umanitario, per far fronte all’emergenza rifugiati nelle strade della sua città. Il modello che verrà seguito è quello del campo di Grand Synthe, nel nord della Francia, che ha accolto in questi mesi circa 1500 migranti in transito, in attesa di raggiungere l’Inghilterra. “Quello che serve a Roma è un centro per migranti transitanti, in grado di garantire almeno gli standard minimi – sottolinea Alberto Barbieri, di Medu, l’associazione che offre assistenza sanitaria in via Cupa -. Ora chiederemo ai candidati sindaco al ballottaggio se hanno intenzione di fare come a Parigi dove il sindaco ha deciso di aprire un centro per migranti come principio umanitario, perché non farlo, ha detto, sarebbe omissione di soccorso”. Anche per Andrea Costa, uno dei portavoce di Baobab experience, ora più che mai serve un’alternativa: “I migranti  qui sono i sopravvissuti degli ultimi naufragi di queste settimane. Sappiamo che i centri a Roma sono pieni, ci chiediamo ora dove dormiranno gli altri migranti che continuano ad arrivare nella Capitale. In questo momento non ci sono alternative. Con gli sgomberi non si va avanti. Noi – aggiunge – comunque continueremo a stare qui ed assicurare l’accoglienza”.

Ma il prossimo sindaco di Roma è pronto a raccogliere la sfida di Milano e Parigi? In una città colpita da uno scandalo come quello dell’inchiesta Mafia Capitale, un modello di accoglienza dal basso, a costo zero e portato avanti con le risorse di cittadini e associazioni è forse la migliore risposta a chi dice che accogliere è solo un business fatto sulla pelle dei migranti. Ma non è chiaro se i candidati alle amministrative sono pronti a raccogliere la sfida e lanciare un nuovo “modello Roma”. I volontari di Baobab experience e tutte le organizzazioni che aderiscono al progetto continuano a chiedere, in queste ore, a Virginia Raggi e Roberto Giachetti di prendere una posizione chiara, di dire se vogliono destinare una struttura a questo tipo di accoglienza, di indicarne le tempistiche e le modalità di realizzazione. Per ora i due candidati non hanno dato risposte precise e il progetto di un centro per transitanti non è contenuto nei loro programmi elettorali. Di sicuro dovranno trovare il modo di rispondere dopo le elezioni nei fatti, perché quello dei migranti transitanti a Roma è un problema non più rinviabile e che non può essere risolto con un’accoglienza fatta per strada. (ec)

Leggi la risposta di Roberto Giachetti (Pd) ai volontari.

Da redattoresociale


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