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La ‘ndrangheta in Cassazione

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La mafia non esiste ad Ostia (hanno sciaguratamente sentenziato i giudici della II sezione della Corte di Appello di Roma) ma in Calabria – ed è una prima volta -la Corte Suprema di Cassazione ha detto che la ndrangheta in Calabria non solo esiste ma ha caratteristiche precise: una struttura unitaria, un vertice  collegiale che si chiama La provincia ed è composto dalle locali che vanno da Reggio Calabria a tutte le province calabresi ,da Crotone a Reggio, dalla costa tirrenica a quella ionica.
Ed oggi è un’associazione che godendo della scarsa considerazione di cui ha fruito nell’ultimo quarantennio di fronte alle consorelle ha alleati e ambasciatori in tutto il mondo dall’Australia al Venezuela, dal Messico al Portogallo. E ha compiuto una scalata silenziosa ma sempre più clamorosa dall’assassinio a Locri del vicepresidente del Consiglio regionale calabrese Francesco Fortugno fino alla strage di Duisburg in Germania dove sei ragazzi di Sal Luca sono stati uccisi fuori di un ristorante sulle rive del Reno.

A Reggio è arrivata  una squadra di prima scelta di investigatori dell’Arma dei carabinieri, della polizia e della Guardia di Finanza con il nuovo procuratore Giuseppe Pignatone e i suo vice Giuseppe Prestipino (a loro si sono affiancati nei vari gradi di giudizio i pubblici ministeri Giovanni Musarò e Antonio De Bernardo che hanno portato in Calabria un metodo che ha rivoluzionato le indagini).

Così è nata nel 2008 l’inchiesta “crimine” tra le procure distrettuali di Reggio Calabria e di Milano e così con la sentenza della Cassazione di ieri pomeriggio si è messa la parola fine alle incertezze più o meno interessate sull’esistenza o meno di un ‘ndrangheta come mafia dotata di una classe dirigente e con un’ossatura capillare non solo nelle terre di origine ma con presenze significative anche in tutti e cinque i Continenti. E nel luglio del 2010 sono stati firmati 121 provvedimenti di custodia cautelare contro altrettanti personaggi: i capi di Rosarno e di Gioia Tauro, di Palmi, di Locari, di Platì, e di Africo negli anni successivi sono stati condannati in I e II grado ed ora in Cassazione.

La mafia di serie B sempre trascurata ora è arrivata alla massima divisione e a molti fa più paura della mafia siciliana o della camorra campana. Non ha più nulla di invidiare né all’una né alla altra.


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