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In carcere per una tesi di laurea?

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Se avete un figlio,una figlia, un parente o un conoscente in procinto di scrivere una tesi di laurea consigliate loro di rivolgersi prima ad un legale per garantirsi la tutela in caso di denuncia o di condanna. Non si tratta di uno scherzo e neppure di “notizie atte a turbare l’ordine pubblico”, ma di una misura di salvaguardia suggerita da una recente sentenza emessa dal tribunale di Torino a carico di Roberta, una studentessa di Varese laureata nel 2014 a Venezia con una tesi dal titolo “ora e sempre No Tav: identità e pratiche del movimento valsusino contro l’alta velocità”.

La procura ha indagato e denunciato lei e Franca, un’altra ricercatrice, dottoranda dell’Universita di Calabria, che, a differenza di Roberta, è stata invece assolta dall’aver partecipato e sostenuto azioni ritenute illegali. Le prove starebbero nel materiale, video, foto, ricerche, accluse alle loro tesi. Roberta, a differenza di Franca, è stata condannata per aver usato nella stesura della sua tesi il “noi partecipativo”, in altre parole per aver scelto una forma narrativa dalla quale sarebbe possibile ricavare la partecipazione attiva dell’autrice alla azione dimostrativa davanti ad una delle aziende che fornisce il cemento al cantiere di Chiomonte.

Per altro queste modalità di racconto sono diffuse in questo tipo di ricerca e non solo in Italia.
Naturalmente sarà il caso di leggere con attenzione le motivazioni della sentenza e sarà quello che faranno  gli avvocati di Roberta ai quali spetterà il compito di presentare il ricorso in appello, ma nel frattempo spetta a ciascuno di noi segnalare la stranezza e l’eccezionalità di una simile decisione.

Non si tratta di essere pro o contro la Tav, ma di essere pro o contro la libertà della ricerca, dell’università, della libera circolazione delle opinioni, anche le più estreme. Del resto ci sarà pure una ragione se dal 25 aprile del 1945 non ci sia mai stata una condanna per una tesi di laurea.

Questo è anche il cuore di un appello, ripreso dal Fatto e pubblicato dal Manifesto, lanciato da amici e compagni di Roberta e di Franca, ma anche da ricercatori,docenti, studenti che hanno chiesto al mondo universitario,e non solo, di rompere il silenzio e di denunciare “la violazione dei valori della libertà di ricerca e di opinione.”, ed anche dei valori racchiusi nell’articolo 21 della Costituzione ci permettiamo di aggiungere noi, riprendendo le parole del segretario della Federazione della stampa Raffaele Lorusso.
Di questo passo gli stessi docenti che hanno commissionato e discusso la tesi potrebbero ritrovarsi in giudizio magari per apologia di reato ed omesso controllo!
Sarà anche il caso di ricordare che l’accusa aveva chiesto per  Roberta una condanna a 9 mesi di carcere, poi il tribunale ha deciso per i due mesi con la condizionale.
“Una decisione che ci riguarda, un avvertimento anche per i cronisti” , come ha scritto sul sito di Articolo 21 Ugo Dinello, cronista veneziano, appassionato protagonista di ogni battaglia contro i bavagli di ogni foggia e colore.

Chi volesse aderire all’appello, condividerlo e farlo conoscere potrà consultare il sito effimera.org o inviare una mail all’indirizzo: appelloricerca@gmail.com


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