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Il Sultano turco Erdogan non ha il senso dell’umorismo

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“Il senso dell’umorismo è l’asta che fa da equilibrio ai nostri passi, mentre camminiamo sulla fune della vita” diceva Mahatma Gandhi. Insomma, l’ironia è una cosa seria, molto seria. Ma può essere ironico un politico che va in giro a dire che l’America l’hanno scoperta i musulmani? Erdogan, premier turco, sicuramente non ha il senso dell’umorismo o almeno non accetta la sia pur minima offesa alla sua persona. Fatto sta che in soli due anni già duemila persone sono finite sotto inchiesta per insulti o presunti tali. Tra di loro giornalisti, accademici, studenti anche minorenni, perfino l’ex stella della nazionale di calcio ed ex deputato del suo partito Hakan Sukur. L’ultima vittima di una legge che c’è sempre stata ma che nessuno si è sognato di mettere in atto è un’affascinante ragazza, Merve Buyuksarac , 27 anni, miss Turchia 2006, modella e designer, condannata a 14 mesi di carcere da un tribunale di Istanbul con la condizionale. La sua colpa è stata di aver postato sull’account Instagram non una cosa sua, ma un poema satirico che le era sembrato divertente. Il titolo era “Il Poema del Padrone”, il testo era una parodia dell’ inno nazionale turco, e il bersaglio della satira era il presidente turco. “Ragazzi, non sono in prigione, niente panico”, ha scritto Merve subito dopo la sentenza su Twitter. Vero, ma adesso dovrà stare attenta per i prossimi cinque anni a non farsi condannare di nuovo, per non ritrovarsi dietro le sbarre come già le è accaduto per qualche giorno quando il caso è stato cominciato. Se viene presa un’altra volta finisce infatti dentro senza rimedi.
Erdogan è talmente suscettibile che è riuscito a prolungare le sue vendette anche fuori dal Paese, tanto che il governo tedesco ha dato il via libera a un processo a carico del comico Jan Böhmermann. Addirittura, si è scoperto che il consolato turco a Rotterdam chiedeva a cittadini e organizzazioni turche nei Paesi Bassi di darsi da fare per segnalare eventuali insulti a Erdogan, suscitando l’indignazione del parlamento olandese. “Avevo condiviso quel post perché l’avevo trovato divertente, non avevo intenzione di insultare il presidente” ha detto l’ex miss. Ma intanto il suo avvocato difensore ha annunciato un appello presso la Corte Europea di Giustizia di Strasburgo. Centinaia di persone del resto hanno scaricato lo stesso poema e tutte sono state perseguite. Naturalmente si è rivoltato tutto il mondo dei social.
Mi viene da pensare a tutti gli insulti, al limite del vilipendio, rivolti ai nostri presidenti della Repubblica (eppure l’articolo 278 del codice penale prevede una pena da uno a cinque anni) ma evidentemente stiamo in un altro Paese. Quattordici mesi per un post sono una follia. E forse la peggiore punizione per un ceffo come Erdogan è il provocatorio concorso lanciato dallo scrittore e giornalista britannico Douglas Murray sul settimanale “Spectator”. Un premio a chi insulta il capo dello stato turco nel modo “più triviale e offensivo possibile”. In palio, mille sterline.


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