Non è affatto misteriosa, invece, la volontà di coloro che alle urne sono andati: gli elettori penalizzano il centrodestra, le cui sparse spoglie hanno avuto dovunque scarso appeal –tranne che a Trieste- e puniscono il partito del premier. A parte nel caso di Bologna, dove Virginio Merola viene riconfermato, e di Milano con Sala, dove la vittoria di misura su Parisi testimonia, ancora una volta -se proprio ce ne fosse bisogno- la ‘vicinanza’ tra i due: i fratelli moderati si sono spartiti, tra luci e ombre, un’eredità che non apparteneva loro e che nessuno ha rivendicato.
Si è capito quasi subito, stavolta, come sarebbe andata. A seggi appena chiusi, come auspicato da più parti e da Renzi in particolare. Il grande rottamatore è finito rottamato, come in un apologo. Il capo del governo ha superato il culmine e anche se stesso in velocità: la ruota gira, la luna di miele è terminata, in molti gli tirano la giacchetta, i richiami fioccano, gli appoggi esteri si diradano, i poteri forti nicchiano. E Maria Elena Boschi? L’estate non è neppure cominciata ma un venticello fresco d’autunno spira già con vigore sul referendum costituzionale. Per non parlare dell’Italicum: con il bipolarismo al capolinea e un Paese tripartito, anche se siamo ancora solo alle amministrative, la scena cambia.
Come le chiameremo? Il sindaco, la sindaco, la sindaca? Il politically correct vorrebbe quest’ultima versione, ma la confusione regna sovrana sotto il sole. Intanto rispondono, sorridenti, commosse, raggianti di nome e di fatto. Comunque le chiameremo, a loro tanti auguri di buon lavoro: ne avranno bisogno, ne avremo bisogno. Che la forza sia con loro. E con Luigi De Magistris, sindaco arancione riconfermato a Napoli. Contro la morte nera di Gomorra.