Una buona notizia sul fronte delle liti temerarie arriva da Verona e riguarda una storia di attacco alla libertà d’informazione che Articolo 21 ha seguito fin dall’inizio. Il sindaco della città, Flavio Tosi, è stato rinviato a giudizio con l’accusa di calunnia e diffamazione nei confronti del coautore di Report Sigfrido Ranucci. Lo ha deciso oggi il gip del Tribunale di Verona Laura Donati, al termine dell’udienza preliminare.
Il processo si celebrerà il 23 novembre prossimo. La vicenda risale all’inchiesta “L’arena” trasmessa su Rai3 il 7 aprile 2014. Tosi aveva fatto registrare di nascosto Ranucci mentre stava svolgendo il suo lavoro, e avanzato querela ancora prima che la puntata fosse trasmessa, sostenendo in conferenza stampa che Report stesse “costruendo, costruendo nel senso di montare qualcosa di non vero, una serie di notizie, cercando di averle, di comprarle, anche in maniera illecita, nel senso utilizzando in maniera illecita fondi della Rai, e utilizzando quindi una trasmissione di Stato per appunto, distruggere politicamente e personalmente il sottoscritto”. Il giornalista a sua volta denunciò il sindaco. La querela di Tosi contro la trasmissione è stata archiviata lo scorso febbraio, stessa sorte toccata ad altri 13 fascicoli aperti in relazione alla stessa puntata.
A conclusione dell’inchiesta il pm Elisabetta Labate aveva chiesto l’archiviazione anche per le denunce avanzate contro il reporter, ma il Gip Livia Magri aveva riconosciuto “l’assenza di buona fede nella querela di Tosi” contestando al sindaco “la piena consapevolezza della non corrispondenza al vero” delle sue affermazioni, e aveva deciso l’imputazione coatta per Tosi, che oggi è stato, appunto, rinviato a giudizio. A giudizio, per il solo reato di calunnia, andrà anche l’ex leghista Sergio Borsato, l’uomo che registrò la conversazione con Ranucci.
Alla vigilia dell’udienza si era ipotizzato un accordo tra i legali delle due parti, che avrebbe evitato l’incriminazione per Tosi se il coautore di Report avesse deciso di ritirare, magari in cambio di un risarcimento, la querela presentata nel 2014 contro l’esponente leghista. Possibilità respinta sul nascere dal giornalista: “Si va avanti nella causa, perché penso sia giusto così. Da parte del sottoscritto, non c’è stata mai trattativa. C’è stata una proposta da parte dei legali del sindaco ma che non ho preso in considerazione. Fossi stato un privato cittadino – ha spiegato Ranucci – magari avrei potuto accettare un prezzo a risarcimento di un danno per chiudere la vicenda. Ma non lo sono. Faccio un mestiere che amo perché ha un valore e non un prezzo. Ci sono cose che nella vita di ciascuno di noi che hanno un prezzo e cose che hanno un valore. Per me difendere la libertà di informazione è un valore e non ha prezzo.” Ma l’inviato Rai non si è limitato a parlare di sé: “Non ho trattato – ha aggiunto – per rispetto anche di tutti quei colleghi giornalisti che non hanno alle spalle un editore come la Rai o una trasmissione come Report, e che per il solo fatto di essere voce stonata rispetto al coro , sono stati querelati dal politico di turno. Loro non hanno un prezzo, sono un valore.”
Ranucci non è il solo cronista ad essere stato preso di mira dalle querele del sindaco veronese, anche se contro di lui abbiamo assistito a una vera e propria vis persecutoria. Sono decine i giornalisti, soprattutto locali che devono confrontarsi con Tosi in tribunale. Viene da chiedersi se il costo di queste liti non pesi in qualche modo sulle casse pubbliche. Forse varrebbe la pena di esportare anche in Veneto l’iniziativa di Stampa Romana, che, con un esposto, è riuscita a far aprire un fascicolo da parte della procura presso la Corte dei Conti del Lazio a carico dell’ex presidente della Provincia di Latina che, secondo l’accusa, avrebbe caricato sui conti dell’amministrazione i costi delle innumerevoli querele contro i cronisti della zona.