Nonostante il governo avesse frenato, rimettendo all’aula la decisione sull’emendamento che sospendeva la fornitura di pezzi di ricambio degli aerei F-16 in dotazione all’Egitto, il Senato ha approvato lo stop delle forniture militari al Cairo per dare un segnale in merito alla vicenda di Giulio Regeni.
Il voto a favore di 159 senatori, arrivato in serata, era stato anticipato dalla dichiarazione rassicurante del relatore sul Decreto legge missioni, il senatore del Partito democratico Gian Carlo Sangalli, il quale aveva chiarito che la maggioranza del Senato riteneva che il nostro Paese avesse titolo e diritto, come aveva fatto richiamando l’ambasciatore, a continuare a tenere sotto pressione l’opinione pubblica e l’Egitto, affinché si possa arrivare a un importante chiarimento, finora mancato, dalle autorità egiziane sul caso del ricercatore ucciso nella capitale del Paese africano.
Pur evidenziando che non si trattava di un atto di ostilità, sottolineando che “l’Egitto continua a essere un Paese nostro alleato e del quale riconosciamo anche il valore strategico in questo momento nella vicenda più complessa che riguarda la lotta al terrorismo”, l’esponente pd ha insistito sulla necessità dell’approvazione di questo emendamento per far arrivare al Governo le posizioni che nell’Aula del Senato sono state manifestate da tutte le parti politiche sul caso Regeni.
Parole che possano dare testimonianza che il Parlamento è ancora ben vigile sulla vicenda, nonostante parte dell’opposizione fosse contraria.
Per Forza Italia la maggioranza di Renzi, votando l’emendamento per bloccare la fornitura di pezzi di ricambio per gli aerei impiegati dall’Egitto nella lotta al terrorismo, boicotta l’impegno di Paesi che sono in prima linea contro chi semina stragi.
Evidentemente per il partito di Berlusconi conoscere la verità sul caso Regeni non è una priorità, pur affermando che sia un diritto dell’Italia. Ma far seguire decisioni forti, come quella di oggi, dopo la scelta importante del richiamo dell’ambasciatore italiano al Cairo, non è contemplato nella logica di Romani e compagni.
Ovviamente non sono tardate le reazioni egiziane alla decisione del Senato italiano. L’ambasciatore in Italia, Mohamed al Orabi, ha parlato di un atto che rappresenta una “escalation deplorevole che renderà più difficile ristabilire forti relazioni con l’Italia”.
Nonostante il sottosegretario agli Esteri Benedetto della Vedova avesse dimostrato una certa titubanza in aula a Palazzo Madama, da parte del Partito democratico di Matteo Renzi questa volta non è arrivata una frenata, come auspicato dal centrodestra. Anzi.
Attraverso la voce della vice segretaria Debora Serracchiani ha rimarcato che oggi è stato mandato un segnale all’Egitto da cui, pur continuando a tenere aperto il dialogo, l’Italia pretende una “collaborazione vera e sincera”.
L’augurio, all’indomani dell’autorizzazione del Ministero dello sviluppo economico alla vendita di un ‘software spia’ realizzato da un’azienda italiana all’Egitto, è che le istituzioni del nostro Paese continuino a mantenentere l’impegno preso quando tutti abbiamo chiesto verità per Giulio Regeni.
Dopo gli striscioni che sono stati spontaneamente appesi su tanti edifici delle Regioni e dei comuni italiani, che rappresentano l’immagine di un impegno morale collettivo, oggi la richiesta di “Verità per Giulio Regeni” ha trovato la sua eco nell’aula del Senato.
Tutti noi, Articolo 21, Amnesty International, insieme a Paola e Claudio Regeni, resteremo vigili e non fermeremo mai la nostra azione per avere le risposte finora negate.