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Giornalista arrestato per aver partecipato a una campagna di solidarietà. In Turchia nessuno è al sicuro dalle persecuzioni

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Il giornalista Erol Önderoglu, in carcerazione preventiva a Istanbul dal 20 giugno, ha incarnato negli ultimi 20 anni i principi di libertà dell’informazione rappresentando il messaggio e le campagne di Reporter Senza Frontiere di cui è il locale corrispondente. Un uomo mite dalla volontà d’acciaio. Ha iniziato la sua carriera come attivista nel 1996, sulla scia dell’assassinio di Metin Göktepe, reporter del quotidiano di sinistra Evrensel, picchiato a morte dalla polizia.
Di quale crimine si è macchiato Önderoglu di fronte alla giustizia turca? Quello di aver partecipato a una campagna di solidarietà con il quotidiano curdo Özgür Gündem, un gesto che altri giornalisti turchi hanno compiuto nei confronti dei media curdi, particolarmente colpiti dalla repressione sempre più frenetica del presidente Tayyip Recep Erdogan che fa dell’uso arbitrario della legge anti-terrorismo lo strumento per imbavagliare ogni critica contro il governo. Erol e altri 40 intellettuali si sono alternati di giorno in giorno come redattori temporanei di Özgür Gündem e per molti di loro è arrivata l’accusa di “propaganda terroristica”. Önderoglu è stato arrestato insieme al giornalista Ahmet Nesin e all’attivista Sebnem Korur Fincanci,  presidente della sezione turca della Human Right Foundation.

Nello specifico il corrispondente turco di Rsf rischia il processo per tre articoli pubblicati da Özgür Gündem il 18 maggio 2016 sulle lotte di potere all’interno delle diverse forze di sicurezza turche e sulle operazioni in corso contro il Partito dei lavoratori del Kurdistan nel sud-est dell’Anatolia. Erol Önderoglu è un’altra vittima di questa repressione, l’ennesimo giornalista turco a finire in carcere per il semplice fatto d’aver esercitato la libertà di parola.

Il giornalismo è da sempre la professione di Önderoglu. Nel 1997 iniziò a lavorare per Bianet, un sito web di notizie pioniere nell’attenzione ai diritti umani di cui è stato editor per diversi anni. Ancora oggi Erol divide il suo tempo tra Reporter Senza Frontiere, Bianet e sua moglie e il giovane figlio appassionato di calcio. Önderoglu ha 46 anni e ha trascorso la maggior parte della sua giovinezza in Francia, dove i suoi genitori erano emigranti quando era un bambino. In Francia ha incontrato sua moglie, figlia di immigrati turchi, prima di tornare a vivere in Turchia, ma ha ancora il passaporto francese.

Strenuo difensore del diritto di informare, è stato Erol ha identificare il capo dell’esercito turco Hüseyin Kivrikoglu come “predatore della libertà di stampa.” «Non dimenticherò mai le minacce che ho ricevuto dai circoli nazionalisti turchi e da alcuni media – ha ricordato recentemente – Le telefonate, gli articoli diffamatori e le convocazioni da parte della polizia di Istanbul». Un uomo instancabile, determinato e imparziale in una società dove esserlo è molto complicato: la sua difesa del principio della libertà dell’informazione si è sempre applicata a tutti, dagli islamici ai repubblicani, dai nazionalisti curdi agli intellettuali di sinistra.

Erol trascorre normalmente diversi giorni alla settimana al tribunale di Istanbul per osservare le centinaia di processi a carico giornalisti. I suoi rapporti trimestrali sulla libertà di espressione in Turchia per il sito di Bianet sono generalmente molto letti e proprio queste sue ricerche dettagliate hanno guidato l’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE) nello sceglierlo come esperto di giornalisti imprigionati. Solo un mese fa Erol e il segretario generale di Rsf Christophe Deloire hanno incontrato diversi funzionari del Ministero della Giustizia ad Ankara per affrontare il tema della libertà di espressione, insieme a numerose ong internazionali e turche.
La decisione di colpire  il rappresentante di Rsf in Turchia è senza dubbio per lo più simbolica. Prendendo di mira lui e altri giornalisti carismatici (come il direttore di Cumhuriyet Can Dündar, il presidente Erdogan sta inviando un messaggio a tutti i giornalisti turchi e ai difensori dei diritti umani, un post che dice che nessuno è al sicuro dalle persecuzioni.


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