Podemos e il Movimento 5 Stelle hanno molti punti in comune. E il fatto che gli spagnoli di Iglesias abbiano fallito il sorpasso del partito di sinistra Psoe è un messaggio che dice qualcosa anche da noi.
Prima di tutto, che non funziona la neutralità ideologica del “né di destra, né di sinistra”. Sulla lotta alla diseguaglianza sociale – cardine dell’identità della sinistra – o sei impegnato e sei indifferente. Ritenerla un effetto indotto della lotta alla corruzione è una lettura parzialmente vera, ma riduttiva. Così come disorienta – in Podemos e nel M5S – l’atteggiamento ambiguo nei confronti dell’Europa. Che per i grillini si appesantisce con l’imbarazzante alleanza con l’Ukip di Farage. Un signore già xenofobo, che si è tranquillamente rimangiato dopo il referendum britannico la promessa di dedicare alla sanità pubblica i soldi risparmiati con l’adesione alla UE.
Per questo motivo, credo che il successo riportato alle amministrative dal M5S non sarebbe replicabile su scala nazionale. Così come Podemos si è ridimensionato alle elezioni politiche.
Eppure, a Iglesias va dato atto di un progresso, maturato dopo un lungo periodo di intransigenza. la capacità di aprire ad alleanze: Un superamento del mito della “purezza”, che i M5S ancora non ha superato, per paura di perdere nell’elettorato la percezione della propria unicità. Insomma, onestà e sobrietà (autoriduzione degli stipendi) hanno spinto il movimento nel punto più alto della sua parabola. Ma senza una posizione chiara sui temi scottanti interni ed internazionali, si torna a cercare la sinistra. A patto che sia una sinistra vera, che si dedichi cioè totalmente alla lotta delle diseguaglianze.
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