Nel Casertano e nel basso Lazio nasce la federazione camorristica che ha la sua capitale a Casal di Principe, in provincia di Caserta, e domina – come hanno sottolineato due studiosi come Franco Barbagallo e Isaia Sales – tutto il territorio di cui abbiamo parlato. I procedimenti giudiziari che riguardano quell’associazione mafiosa, sorta nei primi decenni dell’Ottocento, sono tutti negli uffici giudiziari di Santa Maria Capua Vetere. Ci sono, se ci rifacciamo agli studi più attendibili sul fenomeno, quattro fasi di espansione:
1) l’ estensione dei confini (fino al 1988) coincidente con il clan Bardellino che sviluppa avamposti nel basso Lazio e ripartisce il territorio con altrettanti capi zona dediti ad attività estorsive;
2) la fase di belligeranza (1988-1994) in cui si riduce la pervasività della presenza a causa dei conflitti intestini ai clan casertani, I e II faida casalese);
3) la camorra di impresa che dal 1995 in poi-con la diarchia Schiavone-Bidognetti-affianca il riaffermarsi della supremazia casalese con un più robusto investimento nell’economia legale;
4) la nuova alleanza tra gli Schiavone e i Bardellino- proprio nel basso Lazio-e ripristino delle attività estorsive come risposta alla stretta giudiziaria che porta a condanne definitive per buona parte dei capi storici. Il clan Bardellino, riconosciuto da Casa Nostra dalla metà degli anni Settanta aderisce nel 1978 alla “Nuova Famiglia” (con gli Alfieri, i Zaza e i Nuvoletta-fazione vincente nella guerra contro la “nuova Camorra Organizzata” di Raffaele Cutolo) e consolida la propria posizione sconfiggendo gli stessi Nuvoletta di Marano nel conflitto tra il 1984 e il 1988. Eliminati gli avversari, il nuovo gruppo dirigente si ricompone attorno alle figure di Mario Iovine, Vincenzo De Falco il fuggiasco, Francesco Bidognetti Ciccciotto ‘e Mezzanotte, Francesco Schiavone Sandokan che assorbono tutti i gruppi federati con le relative zone di influenza. Ma il dato di particolare interesse in questa sede è che il basso Lazio entra strutturalmente tra i territori casalesi. Il contatto oltre-confine resta De Angelis, cui si affiancano i La Torre e il gruppo Mendico-Riccardi di Castelforte. Come di consueto nelle regole della federazione, anche quest’ultimo gruppo-strategicamente importante perché originario del basso Lazio- gode di una certa autonomia: i Mendico-Ricciardi fanno estorsioni, spaccio di stupefacenti e rapine sui territori di Castelforte, Coreno Ausonia, Scauri e Minturno,e riferiscono direttamente a Michele Zagaria e a Alberto Beneduce, figure apicali della federazione casalese. Anche l’importanza del gruppo Mendico-Riccardi si palesa in una faida interna alla camorra casalese, la seconda in termine di tempo, che si consuma proprio attorno alla spartizione dei proventi delle estorsioni sui territori del basso Lazio. L’attrito iniziale si ha tra i Beneduce e i La Torre, ora divenuto collaboratore di giustizia. Quest’ultimo si ribella perché in una riunione si vuol stabilire che Beneduce avrebbe gestito sei paesi e La Torre tre. Sicché quest’ultima famiglia uccide Beneduce nel 1990 e l’omicidio si rivela deflagrante per gli equilibri interni ai clan casalesi. Non tollerando più la sua vicinanza ai La Torre, Iovine e Sandokan ordinano l’omicidio di Vincenzo De Falco avvenuto nel febbraio 1991. Il fratello di Vincenzo, Benito, rifugiatosi in Spagna, organizza subito dopo l’omicidio di Mario Iovine, nel settembre 1991 in Portogallo. E’ l’epilogo della seconda faida: alla morte di Iovine segue la strage dei defalchiani, consolidandosi in questo modo la diarchia Schiavone-Bidognetti .