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Case famiglia a Roma, 5 domande ai candidati Raggi e Giachetti

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AMMINISTRATIVE 2016. A pochi giorni dal ballottaggio, il coordinamento delle strutture per disabili e minori in difficoltà interroga i candidati. Questi i temi: inadeguatezza delle rette, integrazione sociosanitaria, progetti personalizzati, diritto alla felicità, responsabilità

ROMA – Cosa farebbe virginia Raggi per le case famiglia di Roma? E cosa invece ha in mente Giachetti? A pochi giorni dal ballottaggio tra i due aspiranti sindaco della capitale, ci pena il coordinamento della case famiglia per minori e disabili “Casa al plurale” a proporre un terreno di confronto concreto e non ideologico, invitando Giachetti e Raggi a una “interrogazione last minute”. Cinque le domande poste ai due candidati.

Rette e rischio chiusura. La prima domanda riguarda i fondi destinati a queste strutture. “Il comune di Roma attualmente stanzia per le case famiglia la metà di quel che serve – rammenta Casa al Plurale, facendo riferimento al suo ‘Studio sui costi standard delle comunità di accoglienza’ – Per le persone con disabilità il Comune di Roma stanza 15 milioni di euro, mentre quello di Torino 60 milioni. Al momento a Roma ci sono 400 persone in lista di attesa. A Torino nessuno. Inoltre, se dovessimo usare solo i soldi stanziati dal Comune, un operatore sociale guadagnerebbe 3,86 euro netti per ogni ora lavorata. Per non parlare delle rette per i minori: in questo caso, il compenso sarebbe pari a 1,54€”. Di fronte a queste cifre, “cosa intendete fare – chiede il coordinamento ai due candidati – per risolvere il problema della scarsità di fondi e scongiurare il conseguente rischio chiusura delle strutture romane che accolgono 380 persone con disabilità e oltre mille minori e decine di donne con bambino in difficoltà?”

Integrazione sociosanitaria. Sociale e sanitario devono andare insieme: facile a dirsi, ma nessuno per ora è riuscito a farlo. Ma è “fondamentale mettere insieme le risorse e ricomprendere, nei livelli essenziali di assistenza, le case famiglia. Diciamo con forza NO alla sanitizzazione del trattamento – scrive il coordinamento – e, con ancora più forza, diciamo NO all’ipotesi di aprire nuovi ‘casermoni’ o Rsa (residenze sanitarie assistenziali)”. Di fronte a questa necessità, “cosa pensano i candidati? Quanto ancora dovremo aspettare per rimettere al centro la dignità della persona e individuare un sistema allargato di governo con soggetti pubblici, privati e sociali?”

Progetti personalizzati. “Vorremmo progetti diversi per ogni persona, con definizione del budget personalizzato su ciascuno – afferma il coordinamento – Questo determinerebbe un grosso risparmio economico e rappresenterebbe il modo più corretto di spendere le risorse pubbliche”. La domanda è: “il comune di Roma è pronto a questa rivoluzione copernicana?”

Diritto alla felicità. Casa al Plurale fa qui riferimento alle parole pronunciate da papa Francesco domenica scorsa. “Si ritiene che una persona malata o disabile non possa essere felice. Il mondo non diventa migliore perché composto soltanto da persone apparentemente ‘perfette’, ma quando crescono la solidarietà tra gli esseri umani’. E su questo il coordinamento interroga i candidasti: “Vi sentite pronti ad essere responsabili della felicità di chi è più fragile? Anche se quella felicità ha un costo?”.

Responsabilità. Il sindaco è responsabile dei minori abbandonati: lo dice la legge, lo rammenta Casa al Plurale. “Noi accogliamo queste persone in nome e per conto del Sindaco – ricorda – Siamo favorevoli all’affido e all’autonomia, ma non è cosi per tutti: non tutti i ragazzi possono andare in affido – ne accogliamo tanti rifiutati da tutti – e così pure non tutte le persone con disabilità potrebbero vivere a casa propria. Occorrono risposte diverse per persone diverse”. Allora, che farebbe il candidato per queste persone: “sarà al fianco di questi suoi concittadini e di chi li rappresenta nei prossimi 5 anni, sentendosi fino alla fine responsabile?”

Da redattoresociale


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