Tralasciamo il fatto che guidano a sinistra, lo facevamo anche noi prima dei portati della Rivoluzione francese che, volendo cambiare tutto, ci mise anche il lato della strada sul cui viaggiare. Non consideriamo la mancata rinuncia alla Lira sterlina, il Pound che resistette all’euro convinta di possedere l’immortalità di Shakespeare e delle sue storie di amori impossibili e cornuti Reali. Lasciamo perdere il miglio, noi lo diamo alle cocorite loro ci misurano imperterriti distanze e velocità. Già che siamo sulla strada delle misure facciamo finta di nulla per i pollici, le libbre, i piedi, le spanne e altre cianfrusaglie utili a riparare un tubo rotto o comprare un po’ di carne. Ma come possiamo dimenticare l’albagia con la quale il popolo d’oltremanica affronta il tema delle lingue? In pratica riducendo la scelta a una sola: la loro. Così mentre noi, con più o meno profitto, dovevamo affrontare una materia in più dalle medie (oggi dalle elementari) in poi, loro potevano impiegare lo stesso tempo a tirarsi palle a rimbalzo vestiti come Lacoste ai suoi primi tornei e colpirle con lo stesso attrezzo che le nostre nonne usavano per girare la polenta. Ma la metafora del Cricket, che ha regole quasi più oscure del baseball, si adatta alla perfezione alla Brexit che pare essersi annunciata. Se tiri una palla in terra quella rimbalza in faccia a qualcuno che la spara via come si trattasse di un vibrione contagioso e alla fine ti torna in base, a casa tua, ma da dietro. L’immagine del soldato svenuto alla parata in onore delle Loro Altezze incartapecorite Reali di qualche giorno fa è quella di chi si è preso un colpo di Brexit nella schiena e il colbacco non è bastato a mitigare gli effetti collaterali. E’ vero, in quell’isola hanno capito la gravità (in senso fisico, non della situazione attuale), hanno decifrato il Dna, inventato l’etere cloroformio, visto nascere i Beatles (scappati negli USA appena fatta cassa) duplicato inutilmente pecore ignare e scoperto il Bosone di Higgs, che prima della scoperta (da parte del fisico Peter Higgs) c’era già ma non si chiamava in nessun modo. E’ vero che fino al ‘400, grazie alla corrente del golfo, oltre a prendersi ad alabardate i nativi dell’isola coltivavano la vite e producevano vino bevibile (oggi ricorda un rimedio ayurvedico).
Un popolo cresciuto grazie anche a un fenomeno climatico, alla faccia di trovarsi alla stessa latitudine con la Siberia dove le ultime coltivazioni risalgono a Peppino Stalin ed erano di deportati. Hanno avuto una fortuna sfacciata, qualche rottura di scatole da parte nostra (non dimentichiamo il vallo di Adriano) e una spietatezza parimenti grande in tanti campi. Tra questi invadere le mitiche Indie, truffando e rubando gioielli oggi visibili solo nella Torre di Londra… Ma la fortuna può anche passare mano, soprattutto se la mano che decide è la tua, cioè la loro. Ci metteranno in difficoltà, le nostre Borse andranno su e giù, più giù che su ma poi ne verremo fuori e loro ne resteranno, fuori. Insomma Dio benedica gli inglesi qualsiasi scelta faranno, hanno già tanti guai: sono invasi da quelle stesse etnie che hanno conquistato e depredato, alle quali hanno promesso uno spicchio d’Impero. In molte città lontane dal circo di Londra, su al nord, Blackburn, Sheffield, Lancaster o anche la stessa Manchester, trovare un commerciante autoctono è quasi impossibile. L’idea di una nuova ondata di migranti può far paura ma non più dei bambini costipati dai take away frequentati dalle loro mamme, donne con capacità affettive misurabili solo in larghezza. Non spaventa più delle botte e delle coltellate tra ubriachi il venerdì o il sabato sera, non quanto i giovanissimi alcolizzati e sniffatori di colla. Non più dei loro denti spettinati e guasti. Insomma se fossi un inglese pregherei di non essere accompagnato alla porta di questa pur trista Europa per schiamazzi e violenza gratuita, di n on essere sfrattato per mancanza di senso civico, igiene alimentare e spesso anche personale, per colesterolo alle stelle, sopravvivenza medio bassa e pomposità incomprensibile. Insomma chiederei di non essere cacciato da un luogo, politico non geografico, dove di fatto non sono mai entrato ma mi converrebbe restare. Segno dei tempi. La confusione del cambiare come linea politica, quando la politica non c’è, non è solo un problema loro. Affidarsi a improvvisazioni e improvvisati perché qualcosa va cambiato e molto non funziona come vorremmo è problema comune. Non serve essere su un’isola per cedere a queste allucinazioni: basta una penisola.