BASTA VIOLENZA SULLE DONNE - 25 NOVEMBRE TUTTI I GIORNI

Solo facendo squadra riusciremo a far loro davvero paura. Oggi si inizia

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Oggi è un giorno drammaticamente importante. Lo è non solo per me, bensì per tutti i lettori che, in tutto questo tempo, si sono affidati alla lettura delle nostre inchieste. E’ un giorno importante perché, minacciare un giornalista, vuol dire minacciare i lettori. Tutti. Ed in una Terra meravigliosa come la Sicilia, dove ogni simbolo ha la sua importanza, l’intimidazione o le minacce ad un giornalista, hanno la potenza di “colpire uno per educarne cento”.
Così nelle righe del decreto di fissazione dell’udienza di oggi, a carico del reggente del clan “Carbonaro-Dominante” di Vittoria, Giovanbattista Ventura, scorro con indicibile sofferenze quelle atroci parole, quelle ripetute condanne a morte.

“Ti scippu a testa, d’ora in avanti sarò il tuo peggiore incubo e poi ci incontreremo nell’aldilà; Ci incontriamo anche negli uffici della Polizia, tanto la testa te la scippu u stissu…”. Sono solo alcune delle parole che, in tutto questo periodo, ho cercato di annegare nella voglia di continuare, di andare avanti, di non mollare. Perché mollare, cedere alla paura, ripensare a quella vile aggressione fisica, avrebbe voluto dire “avete vinto voi”.

No, un giornalista non può. Un giornalista ha un’enorme responsabilità, quella di fare solo e soltanto il proprio lavoro e questa responsabilità non la si ha soltanto nei propri confronti. D’altronde un giornalista che non scrive la verità, che non si guarda intorno, che non ha il coraggio di denunciare, non è solo una persona che semplicemente non sta facendo il proprio dovere nei confronti dell’opinione pubblica, ma avrà anche la responsabilità di portarsi sulla coscienza i dolori, le sopraffazioni e le ingiustizie subite dalle migliaia di cittadine vittime delle mafie, del malaffare, della corruzione.

Così oggi si inizia. Penso ancora a quando scrissi per la prima volta delle attività mafiose – anche intestate a prestanomi o teste di legno – della famiglia Ventura. La stessa a capo di quel clan, “Carbonaro-Dominante”, che ha causato nella provincia più a sud di Tunisi (quella di Ragusa) centinaia e centinaia di morti all’anno, negli anni che furono. La stessa famiglia, Ventura, il cui reggente – oggi a processo – è già stato condannato per reati gravissimi come omicidio, concorso in omicidio, estorsioni.

Lo stesso che ha dichiarato, con spocchia ed arroganza, alla Polizia che “non accettava che il giornalista parlasse di lui e della sua famiglia, doveva solo stare zitto senza permettersi di parlare di ciò che lo riguardava”. Lo stesso che annunciava di “scipparmi la testa anche all’interno del Commissariato di Polizia”, dopo l’inchiesta sui soldi del clan e della sua famiglia. Gli stessi che, come clan, gestiscono la filiera del Mercato di Vittoria, non un fatto localistico, visto che proprio da Vittoria i prodotti arrivano a Fondi o a Milano. Gli stessi che sono riusciti a fare “squadra” come clan contro lo Stato, spartendosi la “torta” degli affari con i Casalesi, Cosa Nostra e Ndrangheta, stando bene attenti a non pestarsi i piedi. Ma quello Stato siamo noi.

Ed oggi vorrei urlare che questa gente vorrebbe toglierci tutto, anche la nostra identità. Noi abbiamo una sola arma: la Giustizia. Ed oggi questa arma entra in campo, grazie al lavoro certosino di Inquirenti e Magistrati che non si sono mai risparmiati.
Ripenso a quando ho iniziato a scrivere, a ricevere minacce. Ricordo quando subì l’infame aggressione. Fu il momento più brutto: ero solo ed oltre alla paura, subivo l’onta infamante del venticello della calunnia, tanto caro ai “professionisti” dell’isolamento.

Oggi siamo in tanti e spero sia chiaro come, solo facendo squadra, solo ritornando al nostro lavoro, tutti insieme, riusciremo a far loro davvero paura. Si, quella paura che non mi ha mai abbandonato, che non abbandona mai Lirio, Giovanni, Michele, Federica e con loro tutti i colleghi che cercano solo e soltanto di fare il proprio lavoro.
Quella stessa paura che però, da oggi, avranno anche loro. Della Giustizia, quella che prima o poi fa il proprio corso!


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