La speranza degli inquirenti italiani tornati dal Cairo. Una nuova fase di indagini si sta aprendo sull’omicidio di Giulio Regeni. Grazie alle analisi condotte sui suoi indumenti, potrebbero emergere dettagli, elementi importanti, nell’inchiesta sul sequestro, le torture e l’uccisione del ricercatore italiano. Almeno questa è la speranza, secondo l’emittente televisiva araba “al Arabiya”, degli inquirenti italiani in attesa degli esiti dell’esame sugli abiti che il giovane aveva addosso quando è stato lasciato cadavere lungo la strada che collega la capitale egiziana ad Alessandria.
Gli sviluppi della vicenda giudiziaria arrivano a una settimana dalla visita in Egitto di un team investigativo italiano formato da funzionari del Servizio centrale operativo di polizia e del Raggruppamento operativo speciale dell’Arma dei Carabinieri che aveva ricevuto dalle autorità egiziane nuovi documenti, tra cui i verbali delle testimonianze e le trascrizioni di alcune telefonate. Intanto i nuovi consulenti legali della famiglia Regeni al Cairo, che come Ahmed Abdallah sono membri della Commissione egiziana per i diritti e le libertà, hanno ultimato le procedure per rappresentare i familiari del giovane ucciso e presto riceveranno il fascicolo sulle indagini.
Il direttore esecutivo dell’organizzazione non governativa, Mohamed Lotfy, e l’avvocato Mohamed al Helow, hanno ripreso il lavoro iniziato da Abdallah, arrestato all’alba del 25 aprile perché sospettato di aver partecipato ai preparativi delle proteste contro la cessione delle isole Sanafir e Tiran all’Arabia Saudita. Il 12 maggio la Corte di Appello di Abbaseya aveva respinto il ricorso presentato dal difensore dell’attivista. Abdallah era comparso davanti ai giudici insieme ad altri 18 imputati, finiti in prigione con le stesse accuse. In 14 erano stati rilasciati dopo il pagamento di una cauzione.
La Corte aveva fatto uscire i giornalisti e i diplomatici europei presenti in aula per impedire che si verificasse quanto avvenuto nella precedente udienza del 7 maggio, quando l’imputato aveva mostrato due foglietti di carta con su scritto “Verità per Giulio Regeni” e “Stop alle sparizioni forzate”. Nei giorni scorsi la Commissione egiziana per i diritti e le libertà ha lanciato una petizione per chiedere la scarcerazione immediata di Abdallah. Attraverso questo appello si chiede anche alle autorità del Cairo di garantite che l’attivista non sia sottoposto a tortura o a qualsiasi altro trattamento lesivo e che la denuncia di abusi subiti, da lui stesso presentata poco prima di finire in carcere, sia affrontata da un’inchiesta indipendente. La famiglia Regeni si era detta “angosciata” per l’incolumità del presidente di Ecfr, che sin dal ritrovamento del corpo di Giulio aveva offerto gratuitamente consulenza ai legali dei familiari del ricercatore.
A dare la notizia dell’arresto di Abdallah l’avvocato Alessandra Ballerin che, per conto di Claudio e Paola Regeni, esprimeva “preoccupazione per l’ondata di arresti in Egitto ai danni di attivisti per i diritti umani, avvocati e giornalisti anche direttamente coinvolti nella ricerca della verità sul sequestro, le torture e l’uccisione di Giulio”. Il consulente della famiglia Regeni è accusato di istigazione alla violenza per rovesciare governo e Costituzione; attacchi contro polizia con intenti terroristici; adesione a gruppo terroristico, tutte accuse contenute nella nuova legge anti-terrorismo punite con la pena di morte.
Se le imputazioni saranno confermate in sede processuale, il presidente della Commissione egiziana per i diritti e le libertà rischia una condanna certa.