Quando ancora era a Idomeni per la staffetta umanitaria Sabrina Yousfi ha cominciato a raccontare cosa ha visto in quel campo, lei un po’ italiana, un po’ siriana e un po’ Svizzera, mediatrice culturale in una piccola associazione di assistenza ai richiedenti asilo a Itri (Latina) testimone di cosa stava succedendo sull’isola. E quando è tornata ha continuato a farlo nella sua città, Minturno, e ha cercato anche di spiegare in cosa consiste l’accoglienza ai profughi che arrivano in Italia, quanto bisogno c’è di dare loro non solo assistenza materiale ma talvolta anche psicologica; e ha anche lavorato contro la vulgata dei 35 euro agli “stranieri”, spiegando che quei soldi non vanno a “immigrati clandestini” come qualcuno vuol farci credere, ma a richiedenti asilo per motivi politici che, comunque, percepiscono 2 euro al giorno.
Ma aver detto tutto questo ha esposto Sabrina Yousfi e una sera è stata aggredita a bastonate proprio a Minturno, la città dove ora vive e si batte per sfatare i pregiudizi. Era appena uscita da un locale quando qualcuno l’ha colpita ripetutamente e poi è scappato, le telecamere della strada e del locale non hanno ripreso nulla, Sabrina ha denunciato l’accaduto ai carabinieri e nelle poche dichiarazioni pubbliche rilasciate in seguito ha reso bene l’idea del clima di sospetto che c’è attorno. Un episodio estremamente grave cui sono seguiti molti messaggi di solidarietà anche da parte del commissario straordinario insediato presso il Comune di Minturno che ha sottolineato il valore dell’accoglienza e l’importanza dell’impegno dei giovani.
Ma questa storia avviene in una delle molte periferie profonde d’Italia dove anche la campagna elettorale in corso cerca di puntare sui temi della paura e tra questi l’accoglienza dei profughi, che in quella città sono meno di dieci, ospitati in una struttura autorizzata dal Ministero dell’Interno. L’aggressione di Sabrina è avvenuta in concomitanza con la diffusione dei dati per l’arrivo in provincia di Latina di una quota di ulteriori 470 unità, pari a quelle già presenti in diverse strutture di accoglienza gestite da coop e associazioni. Sabrina Yousfi ovviamente non si arrende e prosegue il suo impegno come mediatrice linguistica nel progetto Sprar (Sistema Protezione richiedenti asilo) e come attivista volontaria nella campagna #overthefortress. Lo fa come cittadina del mondo: nata in Svizzera da mamma italiana e papà siriano, è tornata a vivere a Minturno a sei anni e poi si è laureata in lingue e letterature straniere presso l’Orientale di Napoli, dunque una formazione tutta improntata alla mediazione e alla integrazione culturale. E oggi, senza celare la relazione sentimentale con la Siria, dice che bisogna guardare a quel Paese come un luogo che “ha vissuto come noi e che adesso si trova in una situazione drammatica che non possiamo oscurare, ignorare”. E naturalmente annuncia che continuerà a spiegare chi sono e cosa vogliono i rifugiati e quanti muri si stanno alzando contro di loro e lo farà anche qui, in questa periferia scomoda.