Restano in carcere i giornalisti Amr Badr e Mahmoud El-Sakka, arrestati il 2 maggio nella sede del sindacato della stampa egiziana.
Lo ha deciso il giudice Shubra El Kheima che ha rinnovato per altri 15 giorni la loro detenzione e le indagini sulle accuse rivolte ai due cronisti, tra cui ‘incitamento contro le istituzioni statali’ e ‘partecipazione a manifestazioni non autorizzate’.
Amr Badr, redattore capo e fondatore del quotidiano online Yanair, e il giornalista Mahmoud El-Sakka, che lavora per lo stesso sito, erano stati raggiunti da un ordine di cattura prima della manifestazione indetta per il 25 aprile contro la cessione da parte dell’Egitto all’Arabia Saudita delle isole Tiran e Sanafir. nel Mar Rosso, ai confini marittimi dei due paesi.
Badr e El-Sakka avevano partecipato ai movimenti della rivoluzione del 2011, che ha rovesciato il regime di Hosni Mubarak, e del 2013 per spodestare il successore del rais, il presidente islamista Mohamed Morsi.
Entrambi noti per le inchieste sulle sparizioni forzate e sulle torture nelle prigioni dell’orrore egiziane, avevano scritto anche dell’omicidio di Giulio Regeni, sono accusati anche di istigazione alla violenza e attentati alla sicurezza del paese.
Gli stessi reati per cui è finito in prigione il 24 aprile il consulente legale della famiglia del ricercatore italiano ritrovato morto lungo la strada che dalla capitale porta a Giza, Ahmed Abdallah.
Il ministero degli Interni per poterli catturare aveva ordinato l’assalto alla sede sindacale dei giornalisti dove si erano rifugiati.
Le forze dell’ordine si sono dirette al sindacato dopo aver ricevuto la segnalazione che i due erano lì.
Il commando ha fatto irruzione nella struttura prelevando con la forza Badr e El-Sakka mentre fuori la folla, che si era radunata già nelle ore precedenti per sostenere i due, protestava per impedire il loro arresto.
Il ministero ha negato, attraverso un comunicato, che si fosse trattato di un assalto e ha affermato che i ‘ricercati’ si erano consegnati spontaneamente.
Una versione smentita dai giornalisti presenti sul posto.
Il sito Albedalah.com ha raccolto la testimonianza di Khaled Daoud, collega del quotidiano Al Ahram il quale ha raccontato che 35 agenti in abiti civili avevano effettuato un’incursione e arrestato i due giornalisti nonostante gli addetti alla sicurezza del sindacato, aggrediti dalle forze dell’ordine, avessero tentato di fermarli all’ingresso. Uno di loro è stato ferito.
I due, in carcere da quasi due settimane, dovranno dunque restare in cella fino al termine dell’inchiesta e si teme per la loro incolumità. Gli avvocati non riescono a parlarci da tre giorni.
Mentre il giudice Shubra El Kheima si pronunciava sul loro caso, in un altro tribunale veniva emessa una sentenza a due anni di lavori forzati per 51 persone accusate di aver manifestato illegalmente al Cairo lo scorso 25 aprile.
Secondo l’agenzia di stampa Mena gli imputati sono stati condannati per aver organizzato e partecipato alle proteste ‘non autorizzate’ contro la decisione del governo di cedere all’Arabia Saudita le due isole egiziane.
La ‘legge anti proteste’ del 2013 vieta di fatto tutte le manifestazioni e stabilisce dure pene detentive e multe per coloro che la violano.
Il sit-in del 25 aprile coincideva con la giornata nazionale della liberazione del Sinai, occupato da Israele dal 1967 al 1982, e seguiva le proteste del 15 aprile, dove migliaia di persone avevano marciato lungo le strade della capitale per lo stesso motivo.
Il Fronte egiziano di difesa dei manifestanti ha pubblicato ieri sul proprio sito una lista con i nomi dei 47 condannati, dei quali 33 restano in carcere e altri 14 sono in libertà condizionata.
Alcune di queste persone avevano partecipato alla manifestazione davanti al sindacato della stampa dove si erano riuniti duemila dimostranti che contestavano il presidente Al Sisi.
Il presidente dell’organizzazione sindacale Yahia Galash ha chiesto le dimissioni del ministro dell’Interno e ha convocato un’assemblea permanente per protestare contro la detenzione dei due giornalisti e per chiedere il rispetto della libertà di informazione.
Articolo 21 sostiene l’iniziativa dei colleghi egiziani e continua a tenere alta l’attenzione su quanto avviene in Egitto, come continuerà a chiedere verità per Giulio Regeni.