Nessuno, come Marco Pannella, e’ stato isolato, vilipeso,maltrattato, evitato dal mondo pubblico nazionale lungo tutta la sua lunghissima e urticante presenza politica. Tanto urticante quanto, per altri, era dolce e consolante. Lasciamo stare le nobili parole uscite dal Vaticano: il dopo Francesco e’ un altro mondo rispetto al preFrancesco. Ma tra tutti, comunisti, fascisti, democristiani e cattolici sparsi, cespugli della prima repubblica -e loro corrispettivi nell’informazione-,troppi elogi , troppe parole di rimpianto sono in queste ore pronunciati , per elogiare Pannella. Quattro giovani radicali si abbatterono sulla camera dei deputati come un tornado nel lontano 1976. Divennero presto seicentoventisei contro quattro, E i 626 non si accorsero del ridicolo della situazione.Oltre a Pannella, erano Mauro Mellini, Adele Faccio e la men che trentenne Emma Bonino.Divennero in breve tempo talmente bravi, nella conoscenza delle procedure parlamentari, che risale alla loro instancabile attivita’ larga parte delle trappole che, disseminate sui percorsi legislativi e nobilitate quali precedenti, venivano inventate per contenerli. Furono mobilitate, quale indispensabile supporto tecnico, le energie disponibili nelle amministrazioni parlamentari, terze di nome ma non sempre di fatto quando chiamano presidenza e maggioranza. Figuriamoci quando i rapporti numerici erano quelli indicati. Ricorda un allora giovane funzionario di Montecitorio, incaricato di seguire il comitato dei nove tra commissione affari costituzionali ed assemblea, che una mattina alle 9 e 30 gli venne recapitato il testo del maximendamento – forse il primo – proveniente direttamente da Palazzo Chigi. La consegna, disattesa come una brutta sorpresa, era di darlo a tutti i gruppi, esclusi i radicali. I quattro, già etichettati perfino nei convegni come antisistema, potevano entrarne in possesso un minuto dopo il termine di presentazione dei subemendamenti.
Un piccolo ricordo, che forse non trovera’ spazio nei fiumi di belle parole che sgorgano in queste ore. Questo era Marco Pennella, da allora guida straordinaria non di un partitino, ma di un’infinita’ di italiani privi di diritti.