Marchini fiuta la posta del voto radicale cattolico contro la legge delle unioni gay e ci si tuffa, proclamando la sua obiezione di coscienza.
Non celebrerà matrimoni gay, afferma perentorio. Salvo dichiarare che rispetterà la legge. Se ne desume che lui, se fosse sindaco, non li celebrerebbe di persona, ma lascerebbe l’incombenza ad altri.
Insomma, il classico caso del “qui lo dico-qui lo nego” acchiappa bigotti, che odiano i poveri e pregano Padre Pio.
Tutta la storia è abbastanza sconsolante, ma ha un lato positivo. Mette fine all’ermafroditismo politico di Marchini, eternamente spacciato per conservatore-rosso per via del nonno.
Ora è ben chiaro che è berlusconiano e contrario alla parità dei diritti degli omosessuali.
Non è poco, nella Babilonia della destra elettorale romana.
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