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I professionisti della mafia non hanno bisogno della scorta

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Saviano è un’icona farlocca, bisognerebbe levargli la scorta“, con queste alate espressioni, un senatore verdiniano del gruppo Ala, ha apostrofato Roberto Saviano, uno che non è mai piaciuto ai Cosentino di turno, agli amici degli amici, e alle più sanguinarie bande della camorra, che lo hanno sempre indicato come un obiettivo da colpire e da eliminare. Sono decine i messaggi, espliciti e diretti, che la Camorra, in vario modo, ha indirizzato contro Saviano che, proprio per questo, è costretto ad una vita blindata.

Quella scorta non l’ha chiesta lui, ma gli è stata imposta perché lo Stato lo ha ritenuto e lo ritiene una persona esposta al massimo rischio. Saviano è costretto ad una vita blindata perché con le sue parole, i suoi libri, le sue trasmissioni, svela i loro progetti, illumina le oscurità, decodifica i linguaggi e i messaggi, svela le complicità, non risparmia governi e partiti, indica le ambiguità di chi predica la lotta contro le mafie e poi si ritrova alleato del “verdiniano” che insulta Saviano e Rosaria Capacchione.

Non a caso nel mirino dei camorristi e di chi non gradisce quei ficcanaso dei cronisti è terminata anche Rosaria Capacchione, oggi senatrice, cronista coraggiosa, che, per anni, ha condotto inchieste rigorose e documentate contro i clan del casertano, contro gli intrecci tra politica, affari e camorra. Rosaria Capacchione è distante anni luce da ogni esibizionismo mediatico, non urla, ma documenta, racconta i fatti e li connette tra loro e i suoi testi sono completati dalla narrazione dei contesti, senza i quali ogni parola rischia di essere ambigua ed incomprensibile.

La polemica politica non può arrivare sino al punto di minacciare chi è costretto a vivere sotto protezione per aver scelto di stare dalla parte della legalità e di mettere a rischio se stesso per garantire alla pubblica opinione il diritto ad essere informata. Capacchione e Saviano sono criticabili come qualsiasi altro cittadino, ma altra cosa è il tentativo di delegittimarli prima e di isolarli poi. Nei giorni scorsi, a proposito delle vicende relative a Pino Maniaci, sono state spesso richiamate, e quasi sempre a sproposito, le parole di Leonardo Sciascia sui cosiddetti “professionisti dell’antimafia”, ora sarà il caso di tornare ad occuparsi dei “professionisti della mafia” che, sicuramente, non hanno bisogno della scorta.

Fonte: “Il Fatto Quotidiano”


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