[Traduzione a cura di Luciana Buttini, dall’articolo originale di Tim Baster e Isabelle Merminod pubblicato su openDemocracy]
“Sono tutte bugie“, grida Massoud (non è il suo vero nome) digitando con rabbia sullo schermo del suo smartphone; ci sono tantissime chiamate senza risposta all’indirizzo Skype del Servizio di Asilo greco. In Grecia, infatti, si può presentare una domanda d’asilo tramite Skype. Massoud proviene dalla Siria e si trova nel campo di Idomeni da 2 mesi e 10 giorni. Le persone sono state bloccate in Grecia da quando lo scorso 9 marzo la Macedonia ha chiuso ai migranti il suo confine con il Paese. Allo stesso tempo per molte persone risulta impossibile presentare domande d’asilo in Grecia – e perciò non hanno alcuna possibilità di essere trasferiti in un altro Paese europeo. Infatti il piano europeo per trasferire i rifugiati in altri Paesi dell’Unione sembra essersi arenato. Il 17 aprile scorso, l’ACNUR ha dichiarato che circa 46.000 rifugiati erano stati abbandonati in Grecia in un arcipelago di campi cha va da Atene al confine macedone, nel Nord.
Lo scorso 4 aprile nelle isole sono cominciati i rinvii dei migranti verso la Turchia secondo il nuovo accordo dell’ “uno per uno” siglato tra l’Unione Europea e la Turchia. Il fulcro del campo di Idomeni al confine con la Macedonia è costituito solo da quattro tende contraddistinte dal logo Médecins Sans Frontières (Medici Senza Frontiere, MSF) più vicine al passaggio a livello recintato. All’inizio, ci hanno detto che queste tende erano state pensate per ospitare solo per un giorno o due prima che le persone partissero attraverso la Macedonia per raggiungere i Paesi del Nord Europa. Ora invece queste tende sono piene di persone che tengono il loro posto in una fila che non conduce da nessuna parte. Intorno ai “cancelli” – è stato appena costruito un recinto di filo spinato che blocca la stessa ferrovia da cui prima molti hanno attraversato il confine – all’interno di migliaia di piccole tende sono riunite circa 10.000 persone che aspettano senza speranza che l’Europa ricordi i valori che una volta ne avevano rappresentato il fondamento.
Bambini e altre persone vulnerabili
A Idomeni, la madre di Mahde Essaa mostra un certificato medico che attesta che suo figlio soffre di “alta pressione intracranica”, e che ha subìto un intervento al cervello. Lei e suo figlio di 11 anni vivono al confine in una delle grandi tende del campo di Idomeni, dove c’è sempre rumore e poca privacy. Questa donna è disperata. Non è registrata presso le autorità greche e perciò non ha alcuna possibilità di essere trasferita fuori dalla Grecia. Nell’ex campo militare di Anagnostopoulou a Salonicco, Fadi Saifo, siriano di 22 anni è disteso paralizzato su un letto. Suo padre dice che ha subìto una piccola operazione al collo in Turchia e ciò ha migliorato un po’ le cose. Secondo la politica di trasferimento dell’UE (il cui obiettivo è quello di trasferire le persone più vulnerabili fuori dalla Grecia) Fadi Saifo dovrebbe essere tra i primi ad essere trasferito, ma finora non si sa quale sarà la sua sorte.
In una tenda vicina nello stesso campo, una bambina di 10 anni, Zainab Khwan, giace in un letto senza potersi muovere. I suoi genitori dicono che è sottopeso per la sua età, ha problemi cardiaci e un tipo di insorgenza precoce di reumatismi. Ha trascorso tre giorni all’ospedale a Salonicco ma ora è intrappolata in questo campo. I suoi genitori non hanno modo di sapere se la loro figlia verrà trasferita o no in un altro Paese europeo. In un controverso e critico rapporto l’ACNUR afferma che in merito alla politica di trasferimento dell’UE ”alcuni Stati Membri sembrano avere…una lunga lista di preferenze e di ulteriori condizioni restrittive legate alle abilità linguistiche, alla vulnerabilità, ecc.” L’ACNUR dichiara che gli Stati Membri dell’UE – che dovrebbero concentrarsi sulle persone vulnerabili nei campi della Grecia – potrebbero aver “esplicitamente escluso i casi vulnerabili“. Dallo scorso 21 aprile circa 860 persone sono state trasferite fuori dalla Grecia in altri Stati Membri dell’UE. L’obiettivo dei trasferimenti è di 66.400.
Impossibilità di presentare una domanda d’asilo presso le autorità greche
In un’altra parte della Grecia, troviamo l’afghano Ahmed (non è il suo vero nome) nel campo nei pressi del vecchio aeroporto internazionale di Ellinikon, che si trova appena fuori da Atene, la capitale. Mentre parliamo siamo circondati dai loghi sbiaditi della vecchia compagnia aerea greca Olympic Airways e dai segnali degli “arrivi”. Dice: “Pensavamo che la rotta balcanica fosse aperta e che tutti potessero percorrerla e attraversare il confine“. Poi continua: “Siamo arrivati in Grecia il 17 febbraio scorso. Siamo arrivati al confine, a Idomeni, dove abbiamo trascorso otto o nove giorni e poi ci hanno mandati di nuovo qui.”
Ahmed, che si trova quindi ad Atene da quache tempo, dice che l’unico modo per poter fare domanda d’asilo “è tramite un ID Skype e questo è aperto solo due giorni alla settimana e solo per un’ora al giorno. Quindi puoi immaginare…com’è possibile per noi fare questo?” Sostiene che nessuno lì nel campo a Ellinikon è stato in grado di presentare domanda tramite Skype. L’ACNUR stima che sono circa 4.000 le persone che si trovano nei tre campi intorno al vecchio aeroporto. In un rapporto dello scorso febbraio il Consiglio Europeo per i Rifugiati e gli Esuli (ECRE) afferma: “Nel migliore dei casi le finestre di Skype che permettono di fissare gli appuntamenti per la presentazione della domanda in Grecia sono disponibili solo per tre ore a settimana… o per un’ora a settimana per alcune lingue… Così è davvero improbabile che… si acceda con successo a Skype al fine di riuscire a fissare un appuntamento per presentare una domanda d’asilo.”
E ora? Ahmed dice: “Per prima cosa ci hanno detto che saremo tutti trasferiti in Turchia. Lì ci saranno degli esperti che controlleranno i singoli casi. Ora però dicono che anche le altre persone che sono arrivate dopo il 20 marzo [giorno da cui è in vigore l’accordo ‘uno per uno’] saranno trasferite ma di noi non ci hanno detto niente.”
Avvocati? “Neanche l’ombra. Io ci ho provato molto, ci hanno dato i recapiti di alcuni avvocati gratuiti che possono assisterci. Ho provato a fissare un appuntamento con loro più di dieci volte ma la loro unica risposta è stata, ‘siamo impegnati, non abbiamo avvocati al momento, richiami un’altra volta’. Così mi sono arreso.” “Al momento nessuno sa quello che accadrà“.
Abbiamo provato a contattare il Servizio di Asilo greco, ma non siamo riusciti ad ottenere nessuna dichiarazione.