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Egitto, respinto ricorso per scarcerazione Abdallah. Cresce timore per la sua sorte

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Era un esito scontato. Non per questo fa meno male. La corte di appello di Abbaseya, al Cairo, ha respinto il ricorso presentato dai legali di Ahmed Abdallah, consulente legale della famiglia Regeni , contro il provvedimento di custodia cautelare emesso nei suoi confronti. Il presidente della Ong Coordinamento egiziano per i diritti e la libertà (Ecfr), arrestato all’alba del 25 aprile durante i preparativi delle proteste su scala nazionale per la cessione delle isole Sanafir e Tiran all’Arabia Saudita, resta quindi in carcere.
La scorsa settimana il Tribunale del riesame egiziano aveva prolungato di altri 15 giorni la detenzione dell’attivista.

Nell’udienza del 7 maggio, iniziata alla presenza, fra gli altri, di alcuni diplomatici europei successivamente allontanati dall’aula, Abdallah era apparso davanti alla corte mostrando due foglietti di carta con scritto “Verità per Giulio Regeni ” e “Stop alle sparizioni forzate”.
L’azione aveva ins ispettori i giudici che avevano ordinato alle guardie di sequestrare telefoni cellulari e macchine fotografiche per cancellare le immagini, e avevano fatto sgomberare l’aula lasciando dentro solo gli avvocati. Oggi non gli hanno pErnesto neanche di entrare.
La decisione è stata presa dal cancelliere Mahmoud al Rashidy, informato della loro presenza all’esterno del Tribunale.
L’avvocato Nada Saad, responsabile di un progetto dell’Unione europea sui procedimenti giudiziari in Egitto, ha dichiarato che il segretario del tribunale, Sayed al Bendary ha esplicitamente affermato che la presenza di esponenti stranieri rappresentava “un’ingerenza negli affari interni dell’Egitto”.

Prima di entrare in auna, Abdallah – ammanettato e accompagnato da agenti in borghese – ha ringraziato i diplomatici europei per il loro sostegno.
La famiglia Regeni, appresa la notizia della conferma del carcere per il loro consulente, si è detta “angosciata” per la sua sorte.
Attraverso un comunicato hanno espresso “preoccupazione per la recente ondata di arresti in Egitto ai danni di attivisti per i diritti umani, avvocati e giornalisti anche direttamente coinvolti nella ricerca della verità sul  sequestro, le torture e l’uccisione di Giulio”.
Abdallah, per le imputazioni che gli sono state contestate, rischia la pena di morte. Da quando sono state inasprite le disposizioni anti-terrorismo chiunque venga accusato di istigazione alla violenza per rovesciare il governo e la Costituzione, o di altri reati inseriti nella nuova legge contro i terroristi, è destinato a condanna certa.
Mantenere alta l’attenzione mediatica in Italia sul caso di Ahmed Abdallah è d’obbligo.
Ma se la stampa italiana sta continuando a seguire il suo caso, da parte del governo non sembra esserci disponibilità a raccogliere la richiesta di Mohamed Lofty, direttore esecutivo di Ecfr, di fare pressioni sulle autorità egiziane per la liberazione del collega.
Soprattutto ora che è stato nominato un nuovo ambasciatore al Cairo, Andrea Cantini, già capo dipartimento alla Cooperazione del ministero degli Esteri.
L’orientamento, al momento, appare quello della normalizzazione dei rapporti dopo il ritiro del precedente rappresentante diplomatico del nostro Paese in Egitto.

Intanto, i nuovi consulenti locali dei genitori di Giulio Regeni, questi ultimi ricevuti oggi dai magistrati che seguono l’inchiesta per la Procura di Roma, fanno sapere di aspettarsi una scarsa collaborazione da parte dei giudici eguziani. L’avvocato Mohamed al Helow, che segue il caso da quando Abdallah è stato arrestato, ha spiegato che non ha ancora avuto il tempo di depositare gli atti per poter rappresentare legalmente la famiglia del giovane ricercatore, proprio a causa del procedimento a carico del presidente della ong ‘che desta profonda preoccupazione’.
Stessi timori anche per la sorte che attende il direttore del sito anti-regime Yanair.net, Amr Badr, e il suo collega Mahmoud Elsakka.
Entrambi noti per le inchieste sulle sparizioni forzate e sulle torture nelle prigioni dell’orrore sono ancora in carcere come i rappresentati del sindacato dei giornalisti arrestati il 2 maggio e tutti gli altri attivisti e operatori dell’informazione incorsi nella stretta dell’agenzia di sicurezza del ministero dell’Interno che ormai reprime con pugno duro ogni forma di protesta e dissenso. Per le vittime del regime egiziano e per continuare a chiedere verità r giustizia per Giulio Regeni, domani, in occasione dei 100 giorni del ritrovamento del corpo del nostro connazionale, ognuno di noi dedichi, come farà l’account collettivo @Giuliosiamonoi, un pensiero, un tweet, un post a tutti loro.  Per non dimenticare e tenere alta l’attenzione sulle violazioni dei diritti umani in Egitto.


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