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Ecoreati, bonifiche preventive in attesa di sentenza

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Il Dipartimento FISPPA dell’Università di Padova e l’Osservatorio ambiente e legalità di Legambiente Veneto sono stati i promotori di un seminario dal titolo: “Le aggressioni all’ambiente: Raccontare e denunciare gli ecocrimini”, argomento affrontato per sensibilizzare cittadini e studenti sull’emergenza della tematica ambientale. La questione rimane ancora poco avvertita dalle comunità territoriali, per tale ragione, il focus dell’analisi si è concentrato non solo sulla neo normativa relativa agli ecoreati, approvata da circa un anno in Parlamento, ma anche su un excursus relativo alla politica economico-industriale adottata sia a nord che a sud del belpaese. Il neologismo ecomafie sembra non essere stato ancora introiettato dall’immaginario collettivo. Si fatica a comprendere come sistemi di sottili, e a volte fugaci triangolazioni politico-imprenditoriali consentano sfruttamento selvaggio dei territori, inquinamento diffuso, fino a rilevazioni di disastro ambientale, avvertibili solo nel lungo periodo, con conseguenze rilevabili nella salute e sicurezza di lavoratori e cittadini.

La storia dell’ex Isochimica irpina, così come l’Eternit di Casale Monferrato richiamano il Veneto odierno, dove la politica del lavoro clientelare si è inserita in un quadro di crescita industriale indisturbata, senza previsione del rischio e dei suoi ipotetici effetti.  Fino a che i territori non sono divenuti luoghi della “non legge” dove il confine tra il legale e l’illegale diventa labile. I luoghi assumono la veste di zone di sacrificio, così definite da Naomi Klein e, in virtù della loro spazialità periferica accettano lo status di aree di sfruttamento, estrazione, inquinamento, prosciugamento o, nei casi limite, distruzione, per favorire un progresso economico a tutti i costi. Non il tempo ma lo spazio diventa elemento di comprensione della società contemporanea; spazio caratterizzato da eterotopie, ovvero luoghi non luoghi, spazi ibridi, come quelli delle discariche, dei corsi d’acqua inquinati, degli inceneritori. Tutti presentano la condizione di sospensione nello spazio e non si sa ancora decifrare se consistono in eterotopie della crisi o del progresso. La Legge 68 del 2015, ha finalmente reso perseguibili penalmente tutta una serie di fattispecie di reato connesse all’inquinamento ambientale creando un effetto deterrente intorno a tale tipo di criminalità. Al 31 gennaio 2016 il monitoraggio effettuato da Legambiente offre dei numeri chiari: 947 illeciti già accertati e contestati, 1185 persone denunciate, 229 beni sequestrati, pari a un valore di 24 milioni di euro.

Il concetto di responsabilità è stato validato anche riguardo agli ecoreati, prima considerati di mera natura contravvenzionale. Tuttavia, così come mostrano le immagini del documentario Bandiza, docufilm del regista Alessio Padovese, l’emergenza ambientale in Veneto, come nel resto dell’Italia, non può più attendere. I rifiuti chimici e speciali, le morti bianche, i numeri oscuri sugli incidenti nei luoghi di lavoro, la pessima qualità dell’aria, i rischi da cementificazione, il drastico aumento dei tumori sono argomenti poco discettati, la normativa è certamente un ottimo inizio per sanzionare chi deturpa un bene comune come l’ambiente ma bisogna agire in fretta, con politiche di prevenzione e con la disponibilità di un fondo nazionale a sostegno di immediate bonifiche di siti inquinati, altamente pericolosi per la collettività. La Corte di Strasburgo sta processando l’Italia sul caso Ilva per aver posto a rischio 182 cittadini di Taranto, anche in Italia il processo per disastro ambientale è appena cominciato ma una buona amministrazione nazionale dovrebbe operare difendendo preventivamente salute e beni comuni, forse ancor prima dell’emissione di un dispositivo di sentenza.


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