Il partito di Renzi è fuori controllo, per l’alto numero di indagati e condannati che ogni giorno si susseguono.
Come il vecchio PSI, scende un gradino alla volta, uno scandalo alla volta, verso l’irreversibilità del disonore.
I militanti in buona fede si vergognano.
Gli arrampicanti di partito la buttano sul complotto, usandolo come fumogeno per coprire il degrado di una quota sempre più ampia di dirigenti del partito.
I giornali filo-governativi tentano di delocalizzare l’attenzione pubblica con contorte evoluzioni di garantismo acrobatico (memorabile il pezzo di Merlo su Repubblica). Per condannare chi applica la legge in nome del Popolo e giustificare chi delinque in nome del proprio interesse. Come ha fatto il sindaco di Lodi, mettendo su la banda dei bandi (truccati).
Siamo vicini allo stallo del consenso.
La spinta del rottamatore si va esaurendo, l’inizio della caduta ancora non è manifesto. Ma la sospensione a mezz’aria è già un segnale d’inversione.
La rovina del PD è imminente. I peones si guardano intorno con preoccupazione per localizzare le uscite di sicurezza. Il caro leader cerca di inventarsi qualcosa su pensioni flessibili, poi butta il petardo della fine del bollo auto per far girare le testa dall’altra parte, ma non basta.
Troppi vivono con poco, perché pochi si accaparrano tanto.
La gente inizia ad accorgersene. E cambia umore.
Craxi finì sotto un lancio di monetine. Non perché aveva rubato denaro, ma perché aveva rubato la fiducia di tanti nel cambiamento.
Con la speranza del Popolo non si scherza.
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