“Tutto è nato quando abbiamo iniziato a cercare di dare il nostro contributo alla verità di un territorio dove fino a poco tempo fa ci si ostinava a dire – e qualcuno lo fa ancora oggi – che la mafia non esiste”. Così Paolo Borrometi, giornalista sotto scorta, alla vigilia del processo di Catania spiega a Rainews24 la genesi delle minacce subite. “Tutto è nato quando abbiamo cominciato a raccontare gli affari dei clan nelle agromafie, che partono da Vittoria e arrivano fino a Fondi e poi a Milano. Quindi non è un problema confinato in un territorio isolato ma riguarda tutta Italia. Quando abbiamo cominciato a far luce sui loro interessi economici non ci hanno visto più e hanno cominciato a minacciarmi (e a minacciarci) in maniera così cruda e violente”. “Ma io ripeto sempre – sottolinea Borrometi – che non hanno minacciato me ma tutti quelli che tramite Paolo Borrometi, Giovanni Tizian, Lirio Abate… vengono informati. Loro non vogliono porre fine alle nostre vite ma alle nostre penne…”
Il 26 maggio a Catania si celebrerà il processo. Gli imputati sono accusati di aver minacciato e aggredito Borrometi, che vive tuttora sotto scorta. Gianbattista Ventura, reggente del clan Dominante-Carbonaro di Vittoria ha scritto messaggi dal contenuto inequivocabile: “ti scippu a testa… d’ora in poi sarò il tuo peggiore incubo… tu ci morirai con il gas… ti verremo a prendere ovunque…”. Per questa ragione, per la prima volta, la Federazione nazionale della stampa si costituisce parte civile nel processo contro i presunti autori delle minacce e delle aggressioni nei confronti del cronista. Le ragioni di questa decisione le spiega a Rainews24 il segretario Fnsi Raffaele Lorusso: “Siamo in una fase in cui il fenomeno delle minacce, anche fisiche, ai cronisti spesso costretti a vivere sotto scorta, sta diventando davvero preoccupante in questo paese. Questa nostra iniziativa è quindi un modo per testimoniare la nostra vicinanza ai giornalisti minacciati e per ribadire che la nostra è una professione essenziale per la democrazia e a nessuno deve venire in mente di limitare la libertà di espressione e il diritto di cronaca”.
Un’iniziativa che ha un significato rassicurante per Francesco Paolo Sisto, l’avvocato che assisterà la Fnsi. “Vuol dire che anche di fronte a condotte obiettivamente gravi come queste minacce a Borrometi, ci sono organizzazioni che hanno il coraggio di difendere in determinati contesti il diritto a un’informazione libera”. “Chi minaccia vuole ottenere il silenzio. La Federazione nazionale della Stampa si oppone al silenzio mafioso, a quello ‘stazzi zitto’ che è antitetico all’articolo 21 della Costituzione”.
“Si minaccia per impedire all’opinione pubblica di sapere”, ci spiega Giuseppe Giulietti, presidente Fnsi. “Perché se un cronista indaga sul malaffare e io lo minaccio e lo intimidisco sto tentando di dirgli ‘stai alla larga dalle oscurità, non informare la pubblica opinione’. E quando uno di questi cronisti viene minacciato deve essere compito di tutti gli altri andare nella stessa periferia del mondo, riprendere i loro temi, illuminare quei territori e firmare collettivamente le loro denunce”.
Non lasciare soli i cronisti minacciati. E’ questo l’imperativo che ha accomunato i vari interventi alla conferenza stampa della Fnsi. Che però non deve valere per i soli colleghi, come sottolinea Borrometi. “L’omertà riguarda tutti i cittadini. Chi non denuncia, chi non combatte questa battaglia sarà omertoso ma soprattutto complice”.