Per ogni euro speso dall’UE nell’accoglienza dei rifugiati, nei prossimi 5 anni ne torneranno indietro due. E’ quanto emerge da uno studio della Tent Foundation, che lavora per migliorare le condizioni di vita degli sfollati nel mondo.
Secondo il report di 77 pagine, il primo ad analizzare nel dettaglio come i rifugiati possano contribuire alle economie avanzate, i nuovi arrivati nell’Ue possono collaborare in diversi modi: come lavoratori di tutti i livelli, imprenditori, innovatori, contribuenti, consumatori e investitori. I loro sforzi possono aiutare a creare posti di lavoro, aumentare la produttivita’ e i salari dei lavoratori locali, stimolare il commercio e gli investimenti internazionali e spingere l’innovazione, le imprese e la crescita.
In cifre: se e’ vero che da qui al 2020 l’accoglienza dei rifugiati portera’ probabilmente ad un aumento del debito pubblico pari a 68,8 miliardi, bisogna pero’ considerare che nello stesso periodo dovrebbe esserci un aumento del Pil pari a 126,6 miliardi di euro, quasi il doppio. Insomma: accogliere i rifugiati non dovrebbe essere soltanto un obbligo legale ed umanitario, ma anche un investimento che puo’ produrre notevoli vantaggi economici.
“I politici e gli operatori dovrebbero smettere di considerare i rifugiati come un ‘peso’ da condividere e sottolineare invece che sono un’opportunita’ da accogliere“, sottolinea l’autore del report Philippe Legrain, noto economista e consigliere economico del precedente presidente della Commissione europea, Jose’ Manuel Barroso. “Con un adeguato investimento iniziale e politiche sagge, i rifugiati che lavorano duro ad ogni livello, hanno molto da contribuire all’economia, nelle imprese private e nel settore pubblico”, e’ convinto Legrain.
Lo studio e’ in parte basato sui calcoli gia’ effettuati dal Fondo monetario internazionale, secondo cui accogliere i rifugiati in Europa richiedera’ un investimento iniziale, soprattutto di fondi pubblici, pari a circa lo 0,09% del Pil nel 2015 e a circa lo 0,11% nel 2016. A questa spese, secondo l’Fmi, potrebbe pero’ corrispondere un aumento complessivo del Pil dello 0,84% tra il 2015 e il 2020.
Per godere dei benefici economici e’ pero’ fondamentale inserire i rifugiati nel mercato del lavoro. Una volta fatto questo, e’ probabile che i nuovi arrivati siano pronti anche a ricoprire quelle mansioni che i cittadini del paese spesso snobbano, come ad esempio la cura degli anziani, una delle aree occupazionali in maggiore espansione nelle economie avanzate. I rifugiati piu’ qualificati o piu’ altamente scolarizzati potrebbero poi riempire le lacune del mercato del lavoro locale: in Svezia, ad esempio, un terzo dei rifugiati recentemente arrivati sono diplomati o laureati e due terzi di loro hanno competenze lavorative che corrispondono alle offerte. Senza dimenticare che grazie alla loro diversa esperienza e prospettiva, i rifugiati possono aiutare a diffondere nuove idee e tecnologie.
Non bisogna poi sottovalutare il fattore demografico: i rifugiati, in media poco piu’ che ventenni, possono portare una boccata d’ossigeno alle societa’ europee che invecchiano rapidamente. Senza l’immigrazione, si calcola che il numero dei lavoratori nell’Ue potrebbe crollare di qui al 2030. In Germania, ad esempio, si stima che senza l’ingresso di migranti la popolazione in eta’ lavorativa potrebbe calare di un sesto entro il 2030, mentre il numero dei pensionati potrebbe aumentare di oltre un quarto. In sostanza ci sarebbero appena due lavoratori per ogni pensionato. Tanto piu’ in situazioni come queste, l’ingresso di giovane forza lavoro potrebbe portare all’economia vantaggi tutt’altro che trascurabili.