Presentato oggi il World Press Freedom Index 2016, l’indice sulla libertà di informazione nel mondo a cura di Reporters Withour Borders. Evidente il clima di tensione nel quale sono costretti a lavorare i giornalisti nel mondo a causa dell’accresciuto controllo da parte dei governi e del mondo privato. L’Italia scende di 4 posizioni. Un vero e proprio attacco alla libertà e all’indipendenza dei giornalisti da parte di governi e mondo privato è quello che viene mostrato dal report 2016 di Reporter senza Frontiere che ha scandagliato la condizione della libertà di informazione in 180 paesi del mondo.
L’indice misura pluralismo, indipendenza, qualità del quadro legale di riferimento e la sicurezza dei giornalisti. E’ frutto di un questionario in 20 lingue che è compilato da esperti di tutto il mondo. L’analisi qualitativa è combinata con quella quantitativa sugli abusi e gli atti di violenza contro i giornalisti registrati nel periodo valutato.
L’Europa (con il punteggio di 19.8) è la regione con maggiore libertà di stampa; segue l’Africa con 36.9, che per la prima volta supera l’America (37.1), dove la violenza nei confronti dei giornalisti è in aumento. Agli ultimi posti la regione dell’Asia e Europa Orientale/Asia Centrale con 48.4 e Nord Africa e Medio Oriente con 50.8. Resta in vetta alla classifica dal 2010 la Finlandia seguita da altri due paesi europei: Olanda (che migliora di due posti), Norvegia (che scende invece di una posizione). Ultimi in classifica, componendo il “ trio infernale: Turkmenistan (178°), Nord Korea (179°) e Eritrea(180°).
L’Italia perde 4 posizioni, situandosi al 77’ posto, e nel report si ribadisce che nel nostroPaese restano frequenti le minacce della mafia verso la stampa. In Italia, inoltre, proprio come accade nel Regno Unito (al 38° posto, sceso di 4 posizioni), si è registrato un aumento delle incursioni delle forze di polizia per violare il principio di anonimato delle fonti giornalistiche.
Miglioramenti evidenti dell’indice sono stati raggiunti dalla Tunisia, che ha salito di 30 posizione l’indice arrivando al 96 posto, e l’Ucraina, salita di 22 posizioni e, grazie all’attenuarsi del conflitto all’est del Paese, arriva al 107 gradino della classifica.
Peggiorano di molto la Polonia, il Tajikistan, il Sultanato del Brunei e il Burundi.
Perdono 29 posizioni la Polonia (ora al 47° posto), dove il governo ultraconservatore ha varato dei controlli nei confronti della stampa pubblica; il Tajikistan perde 34 posti e si attesta al 150°, a causa dell’aumento dell’autoritarismo di regime. Il Sultanato del Brunei scende di 34 e si situa al 155° posto, a causa della graduale introduzione della Sharia e il pericolo per i giornalisti di essere accusati di blasfemia che hanno portato alla autocensura dei mezzi di informazione. Il Burundi(156° posizione) scende di 11 posizioni a causa della violenza contro i giornalisti durante le contestazioni contro la rielezione del Presidente Pierre Nkurunziza.
Christophe Deloire, segretario generale di RSF, ha commentato così il report: “E’ purtroppo chiaro che molti leader del mondo stanno sviluppando una forma di paranoia intorno al giornalismo. C’è un clima di paura frutto di una crescente avversione al dibattito e al pluralismo, una repressione ai danni dei media da parte di ogni governo autoritario e oppressivo, così come il lavoro investigativo dei mezzi di comunicazione non pubblici sono sempre più plasmati dagli interessi dei privati. La dignità del giornalismo deve essere protetta dalla crescita della propaganda e da contenuti che sono stati prodotti per sponsorizzare interessi privati. Garantire il diritto ad una informazione indipendente e credibile è essenziale se i problemi dell’umanità, siano essi locali o globali, vogliono essere risolti”.
Pubblicato annualmente dal 2002, il World Press Freedom Index è un importante strumento per spingere i governi a migliorare la libertà di stampa nel proprio paese. Il principio di base è l’emulazione tra i paesi in classifica ed è dimostrato che la sua influenza sta crescendo.