La violenza sulle donne ha mille facce. Ha il volto di un uomo che magari in una bella casa, in un quartiere borghese, tratta la sua compagna con disprezzo e la denigra, distruggendola giorno dopo giorno. Ha il volto di un aguzzino, che costringe una ragazza immigrata a prostituirsi. Ha la faccia gonfia di odio di un uomo che sfoga le sue frustrazioni sul corpo di una donna che non ha la forza di lasciarlo. Ha il volto di un trafficante di esseri umani che tortura e abusa di donne alla ricerca della salvezza, o quello di qualcuno che si professa medico e mutila i genitali di una bambina. Ma la violenza ha anche il volto dell’indifferenza e di chi gira la testa da un’altra parte e lascia le donne vittime di violenza da sole, con le loro ferite fisiche e psicologiche. Ferite che senza aiuto non si rimargineranno mai.
Non è stato un compito semplice quello di prendere parte ad uno dei tavoli del Ministero della Salute nel giorno dedicato alla salute della donna. Ancora più difficile prendere parte a questo sulla violenza , sul diritto alla salute negato e sulle donne migranti il compito che ci era stato affidato era stilare per il ministero della salute 5 azioni da intraprendere per la lotta a questa violenza e per promuovere il diritto alla salute di tutte le donne.
Così, parlando, discutendo, con rappresentanti di associazioni come Telefono Rosa o il Gruppo Abele, o Nosotras, con psicologhe, con Codice Rosa, con medici ospedalieri (di grande valore le esperienze del soccorso violenza sessuale e domestica della Mangiagalli di Milano e dell’ Istituto Nazionale per la promozione della salute delle popolazioni Migranti ed il contrasto delle malattie della Povertà), abbiamo cercato l’impossibile: riassumere in poche righe un mondo intero. Quel mondo di violenza che si coagula attorno a molte donne, che mina la loro salute , che nega una vita serena, sana.
E’ vero che in media le donne vivono di più. Ma non è detto che vivano meglio. Un incontro importante quello di oggi se queste azioni verranno davvero messe in pratica. Il passo iniziale da attuare è la formazione di coloro che hanno il primo approccio con una donna che ha subìto violenza. Perché siano in grado di riconoscere i segni, spesso solo accennati,di ciò che è accaduto e incoraggiare la donna a parlare e accettare le cure.
E poi, i percorsi di cura gratuiti per tutte, anche per le donne migranti, che devono trovare mediatori culturali, operatori che parlino la loro lingua e che sappiano accogliere e capire . E ancora, attività di informazione per le donne immigrate perché sappiano quali sono i loro diritti nel nostro Paese…infine l’importanza di una formazione transculturale degli operatori del SSN sin dall’Università, il che significa che la formazione sanitaria non può prescindere da una conoscenza che vada al di là dei confini del nostro Paese.
Molti i temi specifici e importantissimi che sembrano rimasti fuori. Dal trattamento psicologico adeguato dei traumi subìti perchè la vita possa ricominciare con maggiore serenità , alle problematiche delle donne che sono state costrette a subìre mutilazione genitale, all’assistenza sanitaria delle vittime di tratta sottoposte a sfruttamento sessuale ed esposte a malattie sessualmente trasmissibili. Temi che, dicevo, sembra soltanto siano rimasti fuori.
In realtà per trasformare veramente tutto è il momento di modificare le cose in modo strutturale e intraprendere iniziative che consentano un reale cambiamento senza continuare a far conto soltanto sulla buona volontà e sullo spirito d’iniziativa dei singoli operatori. Occorre puntare dunque sulla formazione , dare riconoscimento professionale ai mediatori culturali, facilitare l’accesso gratuito ai servizi e avviare un’opera di informazione perché conoscere i propri diritti è condizione indispensabile. Infine, promuovere una rete organizzata che comprenda servizi del SSN ma anche istituzioni e associazioni, preziosissima risorsa già nel presente.
Questo dunque l’intento. Costruire un muro contro la violenza sulle donne fatto di consapevolezza, accoglienza e aiuto. Illuminare per un giorno questa periferia del mondo che è la zona d’ombra nella quale le donne vivono abusi e violenze è stato utile. Ora occorrono i fatti.