Il calcio come sport è portatore sano di valori, come business è insopportabile alterazione di qualunque senso di equità e di giustizia meritocratica e sociale. Non è un caso che sia stata la lega meno ricca, quella di serie B, presieduta da Andrea Abodi a trasformarsi nel motore della bella iniziativa (con striscioni in campo e un messaggio di solidarietà per la famiglia ) per chiedere verità per Giulio Regeni, aderendo all’invito di Amnesty international. Ai cadetti sono, poi, venuti dietro anche i “grandi”. Quelli che organizzano i tornei dei fuoriclasse che esaltano il calcio come sport,ma anche quelli del mondo attenzionato, dopo l’indagine dell’Antitrust, dall’ultimo numero de “L’Espresso” che titola: “Cosi’ funziona la cricca del calcio” e aggiunge in sommario: “Dalle mail segrete emerge la verità sui diritti tv.
Che Mediaset ha ottenuto senza aver fatto l’offerta migliore…” In questo caso, pero’,alla verità serve non solo la passione per il calcio,ma anche la popolarità che allo sport comunque più amato dagli italiani, il business tv, come conseguenza collaterale, contribuisce a dare. Sul caso Regeni occorre,infatti, estendere al massimo la sensibilizzazione e il calcio e’ il miglior veicolo per farlo.La Farnesina si e’ mossa bene,nonostante il muro egiziano,ma lo scenario e’ complesso e va dalla lotta all’Isis al ruolo di paesi dell’Unione europea come la Francia, che stanno continuando a fare una politica estera da amici dell’Egitto, d’altronde in ottimi rapporti anche con l’Italia fino al massacro del povero Giulio e ai successivi comportamenti delle autorità locali, oltraggiosi oltre che della verità pure del buon senso. Il calcio allora puo’ dare una mano alla tenuta nel tempo di una linea italiana che ha bisogno,proprio per l’esistenza di difficoltà e di controindicazioni, del pieno sostegno dell’opinione pubblica. Tifiamo tutti per il gol della verità.