«Il settantasettesimo posto nella classifica sulla libertà di stampa pubblicata da “Reporter senza frontiere” è un dato che deve far riflettere tutti anche se non ci sorprende. Del resto, in Italia vige ancora l’articolo 595 del codice penale che prevede il carcere per i giornalisti: non aiuta certo in una classifica sulla libertà di stampa. Anche se da anni si parla di intervenire, il 595 è sempre lì». Lo afferma, in una nota, il segretario generale della Fnsi, Raffaele Lorusso.
«In Italia – prosegue Lorusso – la stampa ha anche altri problemi, che non riguardano solo la libertà, ma un’organizzazione complessiva di tutto il sistema. Si va dall’assenza di normative antitrust ai meccanismi di nomina della governance dell’ente radiotelevisivo di Stato, che resta legato all’esecutivo in carica, al fenomeno sempre più preoccupante dei cronisti minacciati e costretti a vivere sotto scorta. C’è il tema delle querele temerarie spesso usate a scopo intimidatorio, tema che non è stato ancora affrontato. C’è un dibattito, è stato fatto un primo passo con l’emendamento approvato nell’ambito della proposta di legge di riforma del processo civile, ma non ancora un provvedimento definitivo e siamo lontani dalle linee guida auspicate dall’Europa, secondo le quali la querela intimidatoria deve portare, in caso di sconfitta del querelante, non solo al pagamento delle spese processuali ma anche a sanzioni proporzionali all’entità del risarcimento richiesto con la querela. E ci sono i ripetuti tentativi mai sopiti di mettere limiti o bavagli all’attività giornalistica. In particolare per quanto riguarda la decisione se pubblicare o no atti giudiziari. E qui occorre essere chiari: il giornalista non può essere depositario di segreti. Se arrivano in mano a un giornalista, e riguardano fatti di pubblico interesse e rilevanza sociale, le notizie o i contenuti di atti devono essere pubblicati, segreti o no. Tutto questo incide, naturalmente, quando si fanno classifiche sulla libertà di stampa. Carcere per i giornalisti compreso».