Nel giorno in cui il presidente egiziano Abdel Fatha al-Sissi nega, ancora, le responsabilità di Stato sulla morte di Giulio Regeni, il calcio di serie A si unisce a chi continua a chiedere verità e giustizia per il giovane ricercatore ucciso al Cairo. Il presidente della Lega Maurizio Beretta ha comunicato al presidente della Commissione Diritti Umani del Senato, Luigi Manconi. che nel corso del turno del campionato del 23-24-25 aprile saranno esposti negli stadi italiani, ma anche dai giocatori delle squadre, gli striscioni gialli che chiedono “Verità per Giulio Regeni”.
La richiesta era stata formulata nel corso di una conferenza stampa promossa proprio dalla dalla Commissione presieduta da Manconi, dal portavoce di Amnesty international Riccardo Noury.
In un primo momento l’appello era stato raccolto solo dalla Lega di serie B, oggi anche il campionato maggiore ha aderito a questa importante forma di sostegno alla campagna per tenere alta l’attenzione sull’atroce fine del nostro connazionale.
Nelle ultime ore il ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, ha avviato le consultazioni con l’ambasciatore italiano al Cairo richiamato nel nostro Paese per dare un forte segnale all’Egitto, che continua a propinare ricostruzioni inattendibili sul delitto Regeni e non offre la piena collaborazione che lo stesso al-Sisi aveva garantito attraverso un’intervista rilasciata a Repubblica.
A fare pressioni sul governo egiziano non è solo l’Italia. Ieri anche dal Regno Unito è arrivata una presa di posizione forte e in Parlamento è stato approvato un documento con il quale si chiede al Cairo di fare piena luce sulla vicenda, che non riguarda solo il ricercatore friulano ma centinaia di desaparecido egiziani.
Anche l’Alto rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza dell’Unione europea Federica Mogherini, che continua a seguire da vicino il caso Regeni, ha ribadito che “l’Europa tutta pretende risposte plausibili sulla morte del giovane”.
La Mogherini ha incontrato nei giorni scorsi il ministro Gentiloni a margine del G7 in Giappone al quale ha confermato di essere pronta a esaminare tutte le strade possibili per sostenere e accompagnare il nostro paese nella ricerca della verità.
Una portavoce della Commissione europea ha inoltre aggiunto che miss Pesc sta lavorando in coordinazione con le autorità italiane e che il caso è stato sollevato dall’Ue a tutti i livelli.
Nonostante il grande attivismo diplomatico e politico di Italia e UE il fronte egiziano sembra non scomporsi.
A confermarlo anche le dichiarazioni del leader dell’opposizione ed ex candidato alle presidenziali Hamedin Sabahi, che ha espresso la propria delusione per la gestione da parte delle autorità del Cairo della scomparsa e della morte di Giulio Regeni.
Parlando all’emittente televisiva “al Cairo wa al Nas”, Sabahi ha affermato che sono state uccise cinque persone sostenendo che fossero gli assassini di Regeni, quando invece sarebbe stato necessario aprire un’inchiesta sulla morte di questi giovani non accusarli di un delitto mai commesso.
Per Sabahi il governo al-Sisi “porta avanti la pratica delle sparizioni e delle torture” da oltre un anno e Giulio è stato solo una delle tante vittime del regime.
Gli sviluppi nel caso dell’omicidio del ricercatore italiano sono stati anche al centro di un incontro tra il presidente egiziano, i leader dei sindacati e dei gruppi editoriali, i portavoce dei gruppi parlamentari e del Consiglio nazionale per i diritti umani.
Sisi ha esordito affermando che l’Egitto ha agito in totale trasparenza e che “i rapporti con l’Italia sono saldi”. Ha poi puntato il dito contro i media locali che avrebbero trasformato in un problema “molto più grave” la scomparsa dell’italiano, nonostante fosse stato ritrovato morto con segni di torture.
Il presidente egiziano ha aggiunto che alcuni mezzi di comunicazione a livello locale hanno lanciato accuse ‘criptiche’ contro gli apparati di sicurezza e che, contrariamente a quanto ritenuto dai media, non sarebbero responsabili dell’omicidio di Regeni.
Sisi insiste che il suo governo sta affrontando “il problema” nel modo più ‘trasparente” possibile e ha invitato l’Italia ad inviare di nuovo i propri investigatori sul campo per prendere atto dei passi compiuti dagli investigatori e dalle autorità giudiziarie che hanno posto quest’inchiesta in cima all’agenda. ha concluso evidenziando che esiste il rischio di “un vortice senza fine di voci e accuse infondate”.
Insomma gli egiziani continuano ad assicurare di voler risolvere il caso al più presto ma finora i fatti hanno smentito ogni annuncio e rassicurazione. A cominciare da quelle autorevoli del presidente al-Sisi.
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